martedì 9 maggio 2017

Edelweiss Cotti in "Psicologia, psichiatria e rapporti di potere"

Design by Francesco Marini


Tratto da: AA.VV, "Psicologia, psichiatria e rapporti di potere", Editori Riuniti - Istituto Gramsci, 1971, pagg. 83-88, Atti del convegno tenutosi nei giorni 28-30 giugno 1969 per iniziativa dell'Istituto Gramsci
 
di Edelweiss Cotti

Volevo anzitutto parlare della mia esperienza: non di quella passata ma di quella ultima, quella svolta esclusivamente fuori dall'ospedale; invece, forse, è meglio confutare alcune affermazioni già fatte durante il convegno. Inoltre è necessario cercare di capirsi meglio perché il linguaggio che qui viene usato spesso per me è incomprensibile. 
Per esempio si è parlato del settore come nuovo riformismo. Certamente se il settore viene fatto come è stato detto che si fa, cioè considerando ancora una volta l’esistenza del malato mentale, è chiaro che è un nuovo riformismo, non c’è dubbio, non si esce da questa situazione. Non esiste nulla di valido nel nostro campo se non si contesta la malattia mentale, ricadiamo sempre davanti al muro, davanti all’esclusione determinata dal fatto: la malattia mentale. Questo è un muro che se non viene tolto, e lo si toglie soltanto negando la malattia mentale, ci porrà sempre nelle medesime condizioni attuali, con nuovi edifici, nuove strutture, avremo infine la gabbia d’oro, ma ci sarà sempre la gabbia, ci sarà sempre un altro escluso perché diverso da noi.
Ho detto che non esiste nulla di valido se non si contesta la malattia mentale e sia ben chiaro che per me la malattia mentale non esiste, non è affatto misteriosa, imprevedibile o pericolosa. Purtroppo si definisce una malattia una situazione comportamentale che non ha nulla di patologico, in senso medico, che anzi è un modo comprensibilissimo di reagire a una situazione storica ed attuale altrimenti insostenibile e peraltro definibile nei suoi elementi sociali, familiari e personali.
Chi reagisce a quel modo lo fa perché, distrutto dalla paura, non conosce altri meccanismi validi o meglio non è capace di usare altri meccanismi efficaci. Appena si riesce e diminuire il suo livello di paura eccolo immediatamente capace di reagire in modo più conseguente allo scopo da raggiungere. Dunque negare la malattia mentale per me non è un artificio; è invece l’unico modo corretto di affrontare il problema.
Qui si è detto che il settore è un nuovo trasformismo anche quando il medico non è dalla parte del potere. Certamente anche quel modo di fare psichiatria potrebbe essere un trasformismo: ma come? Come è possibile? Come si sta contro il potere? In che modo ci si sente contro il potere? Ancora una volta si dice negando la funzione di comando e direttiva del medico. Ma questo è chiaro, direi un discorso superato: il medico non ha un potere, il medico ha delle conoscenze tecniche, per inciso purtroppo quelle che ha appreso a scuola spesso l’hanno frenato e continuano a frenarlo. Qui si sono sentiti, infatti, dei medici senza dubbio frenati da quello che hanno imparato all’università. Ma il medico deve fare il medico, non deve usare dei poteri o delle false conoscenze acquisite all’università. Se fare il medico, se imparare a fare il medico, non è dalla parte del potere, è dalla parte di chi chiede aiuto, dalla parte del paziente, non ci può essere un equivoco in una situazione di questo genere: se uno fa il medico è sicuramente dalla parte del paziente, se non è con lui non fa il medico, non si sfugge.

Voce: Dalla parte di chi paga…

Cotti: Dalla parte di chi paga? Io sono stato pagato da pubbliche amministrazioni, non c’erano equivoci nella mia posizione. Essendo sempre stato dalla parte dei pazienti, succede al sottoscritto e all’équipe che ha lavorato con me di subire un procedimento penale con mandato di comparizione per le imputazioni di cui agli articoli tale e tal altro, tipo la barricata nel reparto, eccetera…Io non credo che ci sia il pericolo di stare dalla parte del potere se ci si occupa dei pazienti! Ma occuparsi dei pazienti vuol dire andare fino alle estreme conseguenze; non vuol dire fermarsi davanti al pericolo che il malato in permesso combini un pasticcio per cui ne derivi il rischio dell’intervento di qualcuno, magari della procura! No, bisogna andare avanti a sostenere gli interessi leciti, e sono sempre più che leciti, del cosiddetto malato. Questo è il modo di stare dalla parte del paziente. Non mi risulta che a Gorizia si sia dalla parte del paziente. Quando il paziente a Gorizia non può uscire dall’ospedale se non accompagnato dall’infermiere, me lo dite voi in che situazione si trova? Io lo so che a Gorizia sono in una situazione di ricatto, lo so, ma non ci vengano a raccontare che sono dalla parte del paziente, perché questo non è vero. Potranno dirlo in futuro: noi vogliamo essere dalla parte del paziente, ma oggi non ci siamo. Si deve dare loro atto che sono pieni di buone intenzioni, ma per ora non c’è molto di più. Si è parlato dei vari ruoli professionali. E’ venuto fuori il discorso dello psicologo. Lo psicologo non ha un ruolo! Perché non ha un ruolo? Perché non c’è la tradizione dello psicologo. Ma che c’entra? Lo psicologo ha una preparazione. Noi abbiamo chiesto gli psicologi perché ci siamo detti: chiediamo l’aiuto di qualche professionista che non abbia imparato tutta questa maledetta psichiatria, e che ci aiuti a risolvere i problemi che riguardano i pazienti con una preparazione professionale completamente diversa dalla nostra. Questo abbiamo chiesto. Non abbiamo chiesto dei ruoli dello psicologo. Evidentemente dove tentava di lavorare quello psicologo che ha parlato, si chiedeva allo psicologo un ruolo. Non è corretto, non c’è un ruolo, c’è un insieme di conoscenze, un lavoro di équipe affinché tutti insieme si scervellino per risolvere i problemi dei pazienti. Che ruolo d’Egitto, non riesco a capirlo il ruolo. Come il ruolo dell’infermiere o il ruolo dell’assistente sociale. Si, specificatamente qualche piccolo problema particolare, ma in sostanza, e ancora una volta, è tutto un insieme di conoscenze che debbono unirsi e non tenersi separate. E’ chiaro che a questo punto si può arrivare a sostenere che è indispensabile negare la funzione del medico! Per forza, ma non è così che ci si deve comportare per fare i medici. Tutti quanti a parole sosteniamo che dobbiamo mettere assieme ogni nostro bagaglio di conoscenze per vedere di uscire da questa situazione. A questo modo, andando alla ricerca del ruolo, non ci riusciremo mai. Le mie esperienze sono tutte di questo genere, cioè relative al modo di come lavorare assieme agli altri, con tutti e, in primis, con il paziente, alla pari. Cominciai ancora all’ospedale psichiatrico a Bologna, e poi a Villa Olimpia, e poi a Cividale, a cercare di risolvere i problemi di ogni specifico paziente. E dove sono arrivato? Sono arrivato, all’inizio, ai dubbi, e poi alla fine, alla negazione della malattia mentale, perchè, lo ripeterò fino alla nausea, essere malati mentali non vuol dire essere malati, vuol dire reagire a situazioni insostenibili, situazioni attuali e passate, situazioni storiche e presenti. Di conseguenza ne deriva che modificando le situazioni attuali si riesce a modificare anche le reazioni del cosiddetto paziente. Chiunque di noi, con una storia simile a quella del paziente si comporterebbe come lui!
E’ venuto Antonio Persico che ci ha descritto magnificamente la situazione degli emigrati italiani in Svizzera. Una documentazione eccezionale che ci ha convinti tutti quanti che mandare delle persone all’estero a lavorare è un misfatto perché in quelle condizioni sono condannati ad ammalarsi. Infatti si ammalano, soffrono, però alla fine, per fortuna, l’ha detto lui, di solito non ricorrono alla psichiatria; però qualcuno, per forza di cose, ci casca, e alla fine va a finire nelle cliniche, ciò che senza dubbio non sarebbe avvenuto se avesse potuto lavorare a casa sua in condizioni decenti. Egli ha affrontato anche il problema dei figli degli emigrati. Descrizione terribile ma non creda che in Italia per quei figli la situazione sia tanto diversa.
I figli degli operai, i figli dei cittadini di questa società subiscono continuamente l’influenza negativa della società in cui si vive, per cui siamo più o meno nella stessa situazione. Per esempio, circa la storia dei ritardati mentali, con le classi differenziali, anche in Italia sta succedendo la stessa cosa! Adesso si arriverà a fare i quozienti d’intelligenza a tutti i bambini per cui naturalmente ci sarà fino dall’età scolare l’inizio della separazione o se più vi piace dell’alienazione. Infatti, invece di dedicare il massimo sforzo a prevenire certi guai evidenti, siamo appena e comunque già alla esclusiva ricerca della malattia. Il risultato è che si inizia a separare gli uni dagli altri col sistema delle classi differenziali e così, passo passo, si costruisce il cosiddetto malato mentale che poi, alla fine, sarà condotto in quel famoso ospedale di giorno o di notte o totale che sia. Il tipo di ospedale non fa differenza, se non si denunciano gli errori di una tale impostazione. Mi si obietta: ma questi malati mentali ci sono; ci sono gli ospedali psichiatrici pieni; dunque la malattia mentale esiste. Quindi accade, per intanto, che con la falsa coscienza della malattia mentale la società può accettare il manicomio. Ma se noi distruggessimo il concetto di malattia mentale la situazione si capovolgerebbe. Per esempio, come è stato distrutto il concetto negativo dell’ebraismo; infatti noi siamo contro i lager nazisti, perché non abbiamo accettato il concetto negativo dell’ebraismo. E’ vero, l’ebraismo esiste, ma tale dato di fatto non doveva provocare la creazione dei lager, era tutta un’altra questione, così accade la stessa storia per i manicomi. Certo, esistono delle persone che non hanno imparato ad avere un comportamento accettabile dalla società. Queste persone vengono definite per questo fatto, ed in modo scandalosamente antiscientifico, malati mentali. Il modo per risolvere il problema di queste persone non è certo quello di sostenere il falso concetto di malattia mentale e di conseguenza di costruire o di abbellire o di trasformare i manicomi. Se continuiamo a sostenere la malattia mentale è logico che rimangono i manicomi, rimangono i medici che vogliono negarsi, contestarsi e trovare un ruolo, ma il manicomio rimane sempre, e l’escluso continua a esservi rinchiuso.
D’accordo che è un problema politico, è chiaro che siamo in una società che con le sue strutture provoca delle situazioni di vita tali che direttamente, e soprattutto indirettamente attraverso la famiglia, i giovani arrivano ad avere comportamenti tali che vengono definiti come quelli di un malato mentale. Ma se continuiamo a parlare solo di politica, noi tecnici come faremo a uscire dal problema? Come faremo davanti a colui che viene definito schizofrenico a sostenere che non lo è, a sostenere che ha una caterva di situazioni precedenti e attuali per cui è arrivato a quella situazione? Perché negare il valore del tecnico? Chiediamo forse all’operaio specializzato di negarsi e diventare una persona che non conosce l’uso delle macchine? Perché del medico, dell’infermiere, dell’assistente sociale, dello psicologo, dovremmo negare questa funzione? Negare come è gestito fino ad ora, sì d’accordo, ma per favore specializziamoci ancora di più per cercare di capire meglio questo problema; non neghiamoci. Non se ne esce negandoci, non se ne esce accettando il problema solo come politico. Il problema è si politico, ma ha un suo iter che deve essere conosciuto il più esattamente possibile per capire bene come si arriva alla conclusione finale. Dobbiamo occuparci della famiglia, qui non si è mai parlato di terapia delle famiglie, di indagini sulle famiglie: non sono cose nuove, sono cose risapute, però sul piano pratico cosa si fa in questo campo? E poi che si propone al di fuori dell’ospedale psichiatrico? Sì, si è accennato all’ospedale di giorno, all’ospedale di notte, agli ambulatori, ad evitare di costruire nuovi ospedali: tutto giustissimo. Però ancora una volta se non facciamo sì che gruppi di lavoro o équipes si occupino dei problemi che ci interessano sul luogo della loro insorgenza, cioè nella società, e si rendano conto dei precedenti e delle motivazioni, non faremo nessun passo avanti nella soluzione del problema. Per esempio come hanno fatto gli studenti di Bologna, di cui ci ha raccontato l’esperienza De Plato. Sono d’accordo su una parte notevole di quello che ha detto De Plato soprattutto quando ci racconta come hanno tentato di fare la prevenzione andando per le case di certi rioni. Io sono del parere che il modo migliore ed il più facile oggi sia quello di iniziare con i bambini. Naturalmente anche con una lotta politica, cercando di trasformare la società, ma noi come tecnici oltre che favorire la lotta politica dobbiamo andare a cercare i bambini, i famosi bambini delle classi differenziali e tanti altri, comunque.
Qui voglio accennare appena al mio attuale lavoro come avevo detto all’inizio che era mia intenzione fare. Si tratta fra l’altro di capire perché certi bambini vengono bocciati. Non so se vi è noto che in prima elementare dei bambini vengono bocciati. Non si riesce a capire perché, ci sono addirittura delle circolari ministeriali in senso contrario, ma nonostante tutto vengono bocciati e si comincia ad escluderli. Andiamo a vedere le famiglie di questi bambini e ci troviamo di fronte a situazioni veramente disastrose, incredibili nel 1969 alle porte di Bologna, senza dubbio alle porte di Roma, o in Bologna stessa o in Roma stessa. Il maestro che nel ‘69 lega il bambino al banco, quell’altro che lo picchia, agisce in modo veramente acefalo e senza avere il minimo sospetto che questi piccoli esseri, bisognosi soltanto di protezione e di affetto, stanno vivendo situazioni famigliari che a definirle disastrose è poco.
Mi accorgo che fra i presenti c’è qualcuno che sorride, però sarei contento di sentirlo contestare queste cose, e di vedere come lui crede che la malattia mentale vada avanti, sentire cosa ha fatto lui personalmente, quello che ha studiato, se mi viene a raccontare in modo convincente qualche cosa sull’eziologia o sulla patogenesi della malattia mentale. Probabilmente se ci fosse questo dibattito ciò potrebbe essere utile per tutti quanti… E con ciò sarà meglio che io la smetta… Grazie.







Nessun commento:

Posta un commento