originale: https://www.madinamerica.com/
10-07-2019
In una recente conferenza sulla capacità giuridica, sono stato colpita dall'incapacità di un altro esperto invitato, ad aderire al paradigma del processo decisionale supportato, come articolato dal Comitato CRPD nel Commento generale N.1. Dobbiamo ancora lavorare per garantire che questo paradigma venga ben compreso e riconosciuto, nonostante i progressi compiuti dalle riforme nazionali (si veda la valutazione della Riforma peruviana sulla capacità giuridica), il cambiamento della politica dell'OMS perchè venga promossa l'eliminazione della coercizione nei contesti della salute mentale, e la straordinaria mobilitazione ostile alla bozza del Protocollo di Oviedo alla Convenzione sulla bioetica del Consiglio d'Europa, che include una risoluzione dell'Assemblea parlamentare europea che esorta lo sviluppo di pratiche non coercitive e la conseguente abolizione della coercizione nell'ambito della salute mentale.
Vorrei concentrarmi sul principio di uguaglianza e di non discriminazione in quanto tematica generale dell'articolo 12 [si veda il mio scritto Norme e Implementazione della CRPD Articolo 12] della CRPD e su ciò che significa per la nostra comprensione del "processo decisionale supportato".
Il processo decisionale supportato si distingue dal processo decisionale sostituito, in quanto il supporto rispetta l'autonomia, la volontà e le preferenze della persona interessata (CRPD Commento Generale Nr.1, par. 26). Il processo decisionale supportato si riferisce sia a particolari modalità di supporto nell'esercizio della capacità giuridica, che chiunque può stipulare, che al regime giuridico e programmatico che riconosce la capacità giuridica delle persone con disabilità su base di uguaglianza con gli altri e stabilisce un quadro per le disposizioni di sostegno e le garanzie basate sul rispetto della volontà e delle preferenze della persona (CRPD Commento Generale Nr.1, par. 29).
Alcuni avvocati e sostenitori promuovono ancora il punto di vista del processo decisionale supportato come status decisionale. Questa opinione si associa a una teoria sulla capacità giuridica, che tratta l'esistenza del supporto come parte dell'equazione insieme alle capacità decisionali individuali della persona, di modo che qualcuno possa stabilire se "possiede" la capacità giuridica di compiere un determinato atto (come dare/rifiutare il consenso informato o firmare un contratto).
Ciò è chiaramente in contrasto con il CRPD, che considera la capacità giuridica, incluso lo standing (la capacità di essere titolare di diritti e doveri) e l'agency (la capacità giuridica di esercitare i diritti e i doveri) come un diritto universale degli adulti, indipendentemente dalla loro disabilità o dalla loro effettiva o percepita capacità di prendere decisioni. Il supporto è una misura positiva concepita per rendere l'esercizio della capacità giuridica più soddisfacente per l'interessato; non può essere richiesto come condizione precedente per il riconoscimento di qualsiasi capacità giuridica di un adulto, di prendere decisioni da solo. Status separati creano una gerarchia di decisori - non solo tra quelli ritenuti "indipendenti" e quelli che si ritiene necessitino di un sostegno maggiore o minore, ma implicitamente tra tutti gli adulti e coloro che sono incaricati come decisori, a prendere le meta-decisioni sul proprio status e su quello degli altri! È questo meta-livello del processo decisionale che da un lato è dato per scontato e dall'altro è offuscato, negli approcci pre-CRPD alla capacità giuridica che ha unito la capacità giuridica con le cosiddette "capacità mentali" o capacità decisionali (effettive o percepite).
"Processo decisionale supportato", come frase utilizzata per caratterizzare il regime conforme alla CRPD che riconosce la capacità giuridica di tutti gli adulti e offre supporto che rispetta la volontà e le preferenze della persona, conviene distinguerlo dai regimi decisionali sostitutivi, che rimuovono la capacità giuridica di un individuo per tutte le decisioni o anche per una sola decisione (see GC1 para 27, corrrigendum).
Mentre alcuni attivisti nei movimenti delle persone con disabilità psicosociali considerano il supporto essenziale - che sia come inter pares o come terapia/consulenza - altri fanno affidamento sull'autosufficienza o considerano il supporto essenzialmente sussidiario al proprio processo e di valore imprevedibile (a volte prezioso, altre volte no, quindi non centrale nelle loro vite) (see my paper Legal Capacity from a Psychosocial Disability Perspective).
È la stessa capacità giuridica, e non il supporto in sé, a fondare il paradigma CRPD della capacità giuridica. La distinzione tra supporto e processo decisionale sostitutivo emerge dal paradigma dell'uguaglianza, non viceversa. È perché siamo uguali davanti alla legge, in quanto esseri umani ciascuno con la nostra soggettività, che neghiamo l'autorità morale e legale di un'altra persona che indovini le nostre decisioni personali o il nostro diritto di prenderle, accettando su base egualitaria , da un essere umano fallibile a un altro, la possibilità di supporto che rispetti la nostra volontà e preferenze.
La centralizzazione del supporto, mentre si sottolinea l'uguaglianza e la non discriminazione nel diritto alla capacità giuridica (che riguarda fondamentalmente l'uguaglianza delle persone con disabilità psicosociali, cognitive o intellettuali e altre persone di fronte alla legge e nella società) porta a un approccio che io chiamo "capacità giuridica light" - mentre pretende di sostenere l'articolo 12, mina il diritto alla capacità giuridica su una base di parità con gli altri in due modi.
1. Punto di vista come aspetto dell'imperativo dell'uguaglianza
Vorrei concentrarmi sul principio di uguaglianza e di non discriminazione in quanto tematica generale dell'articolo 12 [si veda il mio scritto Norme e Implementazione della CRPD Articolo 12] della CRPD e su ciò che significa per la nostra comprensione del "processo decisionale supportato".
Il processo decisionale supportato si distingue dal processo decisionale sostituito, in quanto il supporto rispetta l'autonomia, la volontà e le preferenze della persona interessata (CRPD Commento Generale Nr.1, par. 26). Il processo decisionale supportato si riferisce sia a particolari modalità di supporto nell'esercizio della capacità giuridica, che chiunque può stipulare, che al regime giuridico e programmatico che riconosce la capacità giuridica delle persone con disabilità su base di uguaglianza con gli altri e stabilisce un quadro per le disposizioni di sostegno e le garanzie basate sul rispetto della volontà e delle preferenze della persona (CRPD Commento Generale Nr.1, par. 29).
Alcuni avvocati e sostenitori promuovono ancora il punto di vista del processo decisionale supportato come status decisionale. Questa opinione si associa a una teoria sulla capacità giuridica, che tratta l'esistenza del supporto come parte dell'equazione insieme alle capacità decisionali individuali della persona, di modo che qualcuno possa stabilire se "possiede" la capacità giuridica di compiere un determinato atto (come dare/rifiutare il consenso informato o firmare un contratto).
Ciò è chiaramente in contrasto con il CRPD, che considera la capacità giuridica, incluso lo standing (la capacità di essere titolare di diritti e doveri) e l'agency (la capacità giuridica di esercitare i diritti e i doveri) come un diritto universale degli adulti, indipendentemente dalla loro disabilità o dalla loro effettiva o percepita capacità di prendere decisioni. Il supporto è una misura positiva concepita per rendere l'esercizio della capacità giuridica più soddisfacente per l'interessato; non può essere richiesto come condizione precedente per il riconoscimento di qualsiasi capacità giuridica di un adulto, di prendere decisioni da solo. Status separati creano una gerarchia di decisori - non solo tra quelli ritenuti "indipendenti" e quelli che si ritiene necessitino di un sostegno maggiore o minore, ma implicitamente tra tutti gli adulti e coloro che sono incaricati come decisori, a prendere le meta-decisioni sul proprio status e su quello degli altri! È questo meta-livello del processo decisionale che da un lato è dato per scontato e dall'altro è offuscato, negli approcci pre-CRPD alla capacità giuridica che ha unito la capacità giuridica con le cosiddette "capacità mentali" o capacità decisionali (effettive o percepite).
"Processo decisionale supportato", come frase utilizzata per caratterizzare il regime conforme alla CRPD che riconosce la capacità giuridica di tutti gli adulti e offre supporto che rispetta la volontà e le preferenze della persona, conviene distinguerlo dai regimi decisionali sostitutivi, che rimuovono la capacità giuridica di un individuo per tutte le decisioni o anche per una sola decisione (see GC1 para 27, corrrigendum).
Mentre alcuni attivisti nei movimenti delle persone con disabilità psicosociali considerano il supporto essenziale - che sia come inter pares o come terapia/consulenza - altri fanno affidamento sull'autosufficienza o considerano il supporto essenzialmente sussidiario al proprio processo e di valore imprevedibile (a volte prezioso, altre volte no, quindi non centrale nelle loro vite) (see my paper Legal Capacity from a Psychosocial Disability Perspective).
È la stessa capacità giuridica, e non il supporto in sé, a fondare il paradigma CRPD della capacità giuridica. La distinzione tra supporto e processo decisionale sostitutivo emerge dal paradigma dell'uguaglianza, non viceversa. È perché siamo uguali davanti alla legge, in quanto esseri umani ciascuno con la nostra soggettività, che neghiamo l'autorità morale e legale di un'altra persona che indovini le nostre decisioni personali o il nostro diritto di prenderle, accettando su base egualitaria , da un essere umano fallibile a un altro, la possibilità di supporto che rispetti la nostra volontà e preferenze.
La centralizzazione del supporto, mentre si sottolinea l'uguaglianza e la non discriminazione nel diritto alla capacità giuridica (che riguarda fondamentalmente l'uguaglianza delle persone con disabilità psicosociali, cognitive o intellettuali e altre persone di fronte alla legge e nella società) porta a un approccio che io chiamo "capacità giuridica light" - mentre pretende di sostenere l'articolo 12, mina il diritto alla capacità giuridica su una base di parità con gli altri in due modi.
1. Punto di vista come aspetto dell'imperativo dell'uguaglianza
In primo luogo, l'approccio "light" ("leggero") considera la capacità giuridica da un punto di vista esterno anziché interno - dal punto di vista degli attori legali e sociali che gestiscono un regime, piuttosto che di quello delle persone con disabilità, la cui capacità giuridica è stata messa in discussione.
Questo può sembrare una sottigliezza, ma sottolinea il fatto che la maggior parte degli avvocati e ricercatori stessi, che partecipano a questo discorso non sono persone con disabilità psicosociali (o persone con disabilità intellettive o cognitive).
Sottolinearlo non è scortese: la legge sui diritti della disabilità, così come la giurisprudenza femminista, la critica della teoria delle razze e gli approcci al diritto internazionale del terzo mondo, dovrebbero prendere come una massima non controversa, che il punto di vista conta e che la neutralità non è possibile.
In altri campi, sono soprattutto gli studiosi che hanno vissuto il punto di vista in questione a stabilire il tono e l'agenda; tuttavia, in teoria, per quanto riguarda la capacità giuridica, è vero il contrario. Nel chiedere perché, incontriamo la negazione discriminatoria della soggettività e della paternità, negazione che sta alla base, sia della negazione della capacità giuridica di questi elettori, sia della loro relativa assenza da posizioni di leadership sia teoriche che politiche di qualsiasi tipo, anche su questioni relative a se stessi.
Dobbiamo davvero sviluppare una coorte di teorici legali e politici che sviluppino posizioni critiche nei confronti dei sistemi che ci opprimono e della società nel suo insieme, da un punto di vista esterno come persone con disabilità psicosociali. (Ad esempio, mi piacerebbe vedere le immagini del Mad Pride costruito da Rodrigo Fredes e Ilse Rodriguez introdotto nel regno della legge e della politica - un'impresa ardua, con la quale non sono sicura che anche queste persone sarebbero d'accordo).
Ce ne sono alcuni di noi, ma siamo dispersi e sovraccarichi di lavoro. Gli studiosi che non sono essi stessi persone con disabilità psicosociali, devono prima de-enfatizzarsi come autorità o paternità e, in secondo luogo, mettere in discussione il loro approccio alla teoria, alla legge e alla politica, sia che stiano accanto alle persone con disabilità, guardando verso l'esterno nella stessa direzione li stanno affrontando, o guardando, "verso" il punto di vista degli stati, degli operatori del sistema psichiatrico, degli operatori del sistema legale, dei familiari, dei membri del pubblico - che portano tutti storie e pratiche di oggettivazione.
Il punto di vista - spostare il terreno della soggettività e della paternità - è un aspetto dell'uguaglianza e della non discriminazione nella sua dimensione collettiva. Quando la legge e la politica sono fatti da altri "su di noi, senza di noi", c'è un deficit democratico che si traduce in leggi e politiche distorte, che possono quindi essere date per scontate anche dallo stesso gruppo oppresso. Al contrario, quando un gruppo oppresso esce da questa gabbia, come è accaduto durante il processo di elaborazione e di negoziazione della CPRD, è necessario incorporare i molti strati e le dimensioni del conseguente mutamento di paradigma. Abbiamo bisogno sia delle esplorazioni indipiendenti di ciascuno, sulla ricchezza della CRPD, sia di un modo per mettere questi punti di vista in un dialogo costruttivo, centrando le diverse visioni di persone pazze/persone con disabilità psicosociali.
2. Cancellazione del protagonismo delle persone con disabilità psicosociali e reintroduzione del modello coercitivo-paternalistico
Il secondo modo in cui la "capacità giuridica "light" mina la giurisprudenza sull'uguaglianza della CRPD, è attraverso la cancellazione simultanea di persone con disabilità psicosociali, come costituenti distinte che hanno articolato una teoria in modo influente dentro il processo legislativo internazionale (cancellando l'attualità della nostra paternità, nel discorso che ne è derivato nello standard della CRPD, della capacità giuridica universale), insieme alla promozione delle limitazioni della capacità giuridica che, per coincidenza o meno, hanno un impatto più diretto sulle persone con disabilità psicosociali.
Un aspetto di ciò è molto probabilmente involontario: una fusione di persone con disabilità psicosociali e persone con disabilità intellettive, mentre le persone con disabilità cognitive (demenza e autismo) spesso non sono affatto considerate. La comprensione più comune del processo decisionale supportato come alternativa alla tutela è basata nella pratica sviluppata da familiari di persone con disabilità intellettive insieme a persone con disabilità intellettive stesse. I familiari che le supportano comprendono che le persone con disabilità sono più capaci di quanto si creda generalmente, e hanno il diritto di correre rischi e muoversi nel mondo, supponendo che la persona abbia abbastanza supporto e/o abbia avuto abbastanza attenzioni, da sviluppare le loro capacità decisionali nel processo di evoluzione dall'infanzia all'età adulta. Questo punto di vista è centralizzato nel momento della transizione dall'infanzia all'età adulta, quando in base alle attuali leggi sulla tutela in molti paesi, i genitori ottengono regolarmente la tutela di modo che i loro figli adulti non abbiano mai lo status ordinario di adulti rispetto alla loro capacità giuridica.
Le persone con disabilità intellettive e molte persone autistiche sono state considerate erroneamente come bambini per tutta la vita; il CRPD ha respinto tale approccio (si veda International Disability Alliance CRPD Forum, Principles for the Implementation of CRPD Article 12.).
Tuttavia, la transizione dall'infanzia all'età adulta stessa, sebbene formalmente basata sul criterio oggettivo dell'età, spesso comporta anche una lotta tra l'adulto emergente e i genitori che mantengono un atteggiamento di vigilanza o preoccupazione.
Questo punto di transizione può essere critico anche per le persone con disabilità psicosociali, poiché l'adolescenza e la giovane età adulta sono una fase comune della vita per le persone, che prima sperimentano la crisi ed entrano nel sistema psichiatrico. In che modo le società affrontano questa transizione e il suo rapporto con le relazioni dominanti sotto il patriarcato, la società di classe e gli stati, e con il regime di capacità giuridica come mezzo attraverso il quale gli stati hanno distinto tra "uguali" e "non uguali" davanti alla legge, deve essere esplorato in un secondo momento.
Per ora, voglio sottolineare che il ruolo svolto da questo punto di transizione nella difesa della capacità giuridica delle persone con disabilità intellettive può contribuire al paternalismo.
Le prospettive articolate, la teoria e la pratica delle persone con disabilità psicosociali come protagonisti (difficili da trovare in ambito accademico, raramente finanziate in progetti di riforma della capacità legale, e trovate principalmente al di fuori del discorso sui diritti delle disabilità in "alternative pschiatriche" o "studi sui pazzi" - preziosi in se stessi ma disconnessi dal paradigma normativo della CRPD) vengono cancellati quando il modello sviluppato da famiglie e rappresentanti di se stessi con disabilità intellettive viene considerato universale e applicato a tutte le persone con disabilità come "approccio della CRPD" alla capacità giuridica come processo decisionale supportato. (si veda e.g., Anna Arstein-Kerslake and Gerard Quinn, Legislating Personhood: The Right to Support in Exercising Legal Capacity; Anna Arstein-Kerslake and Eilionóir Flynn, The right to legal agency: domination, disability and the protections of Article 12 of the Convention on the Rights of Persons with Disabilities).
Questa conflazione porta a ipotesi sul ruolo del supporto nel diritto alla capacità giuridica (si veda sopra) e sul carattere delle esigenze del supporto (valutate da un esperto o comprese attraverso una conversazione con la persona per esplorare le sue esigenze e i suoi bisogni soggettivi di supporto e mirano a soddisfarli). Centra anche il tipo di supporto che comporta la sintesi delle informazioni per facilitare la comprensione o l'interpretazione della volontà della persona basata su una comunicazione non verbale idiosincratica, e decentra il supporto correlato all'interazione tra ragione ed emozione, distinguendo tra possibilità e impossibilità (un atto di discernimento, non un fatto oggettivo da discernere).(In un breve saggio ho esplorato il Discernimento come processo, ma "agire" è preferibile che "elaborare" in quanto sottolinea il carattere soggettivo del discernimento come azione di un individuo in relazione a se stesso, o quello di un gruppo in relazione con se stesso, impenetrabile a osservatori esterni).
La presunta natura universale dei tipi di supporto che non sono centrali per le persone con disabilità psicosociali porta al secondo risultato problematico di enfatizzare il "processo decisionale supportato" piuttosto che l'uguaglianza come fulcro del cambiamento di paradigma della capacità legale.
Senza una comprensione coerente di come l'intero modello della CRPD - uguaglianza più supporto basato sulla volontà e le preferenze individuali - si applichi alle persone con disabilità psicosociali, alcuni studiosi e sostenitori cercano di reincorporare aspetti della nostra capacità legale all'interno del modello rifiutato di paternalismo coercitivo, implicati in entrambi sono tutela e interventi psichiatrici obbligatori. Con una prospettiva esterna piuttosto che allineata con le persone con disabilità psicosociali come persone uguali agli altri davanti alla legge, e con un modello che non ha ancora pienamente incorporato a livello teorico e concettuale le esperienze vissute di persone con disabilità psicosociali, cercano soluzioni che sembrano prontamente disponibili.
Il meno problematico di questi è la dipendenza eccessiva da direttive anticipate per fare il lavoro del processo decisionale supportato in situazioni di crisi, in particolare su direttive anticipate di tipo "Ulisse" che vincolano la propria volontà futura.
Le direttive anticipate che consentono alla persona di cambiare idea in qualsiasi momento, anche durante la stessa situazione di crisi, sono una forma di sostegno ma insufficiente come politica primaria perché non possono affrontare i bisogni emergenti - la crisi è per definizione inaspettata e non tutto può essere anticipato; inoltre, non tutti scelgono di fare piani anticipati. Coloro che vincolano il futuro della persona porranno problemi legali e morali che mettono in discussione il diritto di esercitare la capacità giuridica "in ogni momento, anche in situazioni di crisi". Questo tipo di direttiva anticipata cerca di evitare il problema attraverso una soluzione manageriale - fai semplicemente ciò che dice la direttiva - quando invece dobbiamo esplorare come interagire con le persone in situazioni di crisi in modo da rispettare la loro capacità giuridica, cercare di esplorare con loro la loro volontà e preferenze e fornire tipi di supporto desiderati e accettabili.
I documenti di pianificazione anticipata possono essere utilizzati come punto di partenza per la discussione, quando si presenta una crisi o altre situazioni emergenti, e come approssimazione predefinita quando è richiesta la "migliore interpretazione diellavolontà e delle preferenze" (quando, dopo sforzi significativi, ha dimostrato che non è possibile determinare la volontà della persona, lo standard articolato nel Commento generale n. 1 paragrafo 21; "la migliore interpretazione" non sostituisce il processo decisionale; se la persona inizia ad obiettare, si corregga la propria interpretazione). Tuttavia, dobbiamo affrontare esattamente le particolarità delle situazioni di crisi psicosociale come fenomeni interpersonali che richiedono creatività e non gestione.
Elementi chiave per il supporto in situazioni di crisi
In una serie di brevi scritti schematici, propongo che gli elementi chiave siano 1) le pratiche decisionali supportate specificamente per le situazioni di crisi, comprendendo supporti potenzialmente naturali, supporti formalmente designati e supporti transazionali / qualificati, tutti basati sul rispetto dell'autonomia della persona, della volontà e delle preferenze; 2) risoluzione dei conflitti non discriminatoria e non violenta per far fronte al conflitto interpersonale che è stato discriminatoriamente definito come la persona "pericolosa per gli altri"; 3) supporti pratici tra cui la difesa e la difesa per creare uno spazio più sicuro per la persona per navigare bene nella crisi e ridurre i potenziali danni - anche sulla base del rispetto dell'autonomia, della volontà e delle preferenze della persona in contrasto con la caratterizzazione discriminatoria di essere "pericoloso per se stessi" o "a rischio imminente di danno". (Vedi la serie di note intitolate "Verso una politica positiva", il breve documento "Una politica positiva per sostituire la psichiatria obbligatoria" e il mio intervento da parte della Conferenza CRPD degli Stati parti del 2019. Auspico di poter continuare a sviluppare questo quadro concettuale).
Il punto di vista - spostare il terreno della soggettività e della paternità - è un aspetto dell'uguaglianza e della non discriminazione nella sua dimensione collettiva. Quando la legge e la politica sono fatti da altri "su di noi, senza di noi", c'è un deficit democratico che si traduce in leggi e politiche distorte, che possono quindi essere date per scontate anche dallo stesso gruppo oppresso. Al contrario, quando un gruppo oppresso esce da questa gabbia, come è accaduto durante il processo di elaborazione e di negoziazione della CPRD, è necessario incorporare i molti strati e le dimensioni del conseguente mutamento di paradigma. Abbiamo bisogno sia delle esplorazioni indipiendenti di ciascuno, sulla ricchezza della CRPD, sia di un modo per mettere questi punti di vista in un dialogo costruttivo, centrando le diverse visioni di persone pazze/persone con disabilità psicosociali.
2. Cancellazione del protagonismo delle persone con disabilità psicosociali e reintroduzione del modello coercitivo-paternalistico
Il secondo modo in cui la "capacità giuridica "light" mina la giurisprudenza sull'uguaglianza della CRPD, è attraverso la cancellazione simultanea di persone con disabilità psicosociali, come costituenti distinte che hanno articolato una teoria in modo influente dentro il processo legislativo internazionale (cancellando l'attualità della nostra paternità, nel discorso che ne è derivato nello standard della CRPD, della capacità giuridica universale), insieme alla promozione delle limitazioni della capacità giuridica che, per coincidenza o meno, hanno un impatto più diretto sulle persone con disabilità psicosociali.
Un aspetto di ciò è molto probabilmente involontario: una fusione di persone con disabilità psicosociali e persone con disabilità intellettive, mentre le persone con disabilità cognitive (demenza e autismo) spesso non sono affatto considerate. La comprensione più comune del processo decisionale supportato come alternativa alla tutela è basata nella pratica sviluppata da familiari di persone con disabilità intellettive insieme a persone con disabilità intellettive stesse. I familiari che le supportano comprendono che le persone con disabilità sono più capaci di quanto si creda generalmente, e hanno il diritto di correre rischi e muoversi nel mondo, supponendo che la persona abbia abbastanza supporto e/o abbia avuto abbastanza attenzioni, da sviluppare le loro capacità decisionali nel processo di evoluzione dall'infanzia all'età adulta. Questo punto di vista è centralizzato nel momento della transizione dall'infanzia all'età adulta, quando in base alle attuali leggi sulla tutela in molti paesi, i genitori ottengono regolarmente la tutela di modo che i loro figli adulti non abbiano mai lo status ordinario di adulti rispetto alla loro capacità giuridica.
Le persone con disabilità intellettive e molte persone autistiche sono state considerate erroneamente come bambini per tutta la vita; il CRPD ha respinto tale approccio (si veda International Disability Alliance CRPD Forum, Principles for the Implementation of CRPD Article 12.).
Tuttavia, la transizione dall'infanzia all'età adulta stessa, sebbene formalmente basata sul criterio oggettivo dell'età, spesso comporta anche una lotta tra l'adulto emergente e i genitori che mantengono un atteggiamento di vigilanza o preoccupazione.
Questo punto di transizione può essere critico anche per le persone con disabilità psicosociali, poiché l'adolescenza e la giovane età adulta sono una fase comune della vita per le persone, che prima sperimentano la crisi ed entrano nel sistema psichiatrico. In che modo le società affrontano questa transizione e il suo rapporto con le relazioni dominanti sotto il patriarcato, la società di classe e gli stati, e con il regime di capacità giuridica come mezzo attraverso il quale gli stati hanno distinto tra "uguali" e "non uguali" davanti alla legge, deve essere esplorato in un secondo momento.
Per ora, voglio sottolineare che il ruolo svolto da questo punto di transizione nella difesa della capacità giuridica delle persone con disabilità intellettive può contribuire al paternalismo.
Le prospettive articolate, la teoria e la pratica delle persone con disabilità psicosociali come protagonisti (difficili da trovare in ambito accademico, raramente finanziate in progetti di riforma della capacità legale, e trovate principalmente al di fuori del discorso sui diritti delle disabilità in "alternative pschiatriche" o "studi sui pazzi" - preziosi in se stessi ma disconnessi dal paradigma normativo della CRPD) vengono cancellati quando il modello sviluppato da famiglie e rappresentanti di se stessi con disabilità intellettive viene considerato universale e applicato a tutte le persone con disabilità come "approccio della CRPD" alla capacità giuridica come processo decisionale supportato. (si veda e.g., Anna Arstein-Kerslake and Gerard Quinn, Legislating Personhood: The Right to Support in Exercising Legal Capacity; Anna Arstein-Kerslake and Eilionóir Flynn, The right to legal agency: domination, disability and the protections of Article 12 of the Convention on the Rights of Persons with Disabilities).
Questa conflazione porta a ipotesi sul ruolo del supporto nel diritto alla capacità giuridica (si veda sopra) e sul carattere delle esigenze del supporto (valutate da un esperto o comprese attraverso una conversazione con la persona per esplorare le sue esigenze e i suoi bisogni soggettivi di supporto e mirano a soddisfarli). Centra anche il tipo di supporto che comporta la sintesi delle informazioni per facilitare la comprensione o l'interpretazione della volontà della persona basata su una comunicazione non verbale idiosincratica, e decentra il supporto correlato all'interazione tra ragione ed emozione, distinguendo tra possibilità e impossibilità (un atto di discernimento, non un fatto oggettivo da discernere).(In un breve saggio ho esplorato il Discernimento come processo, ma "agire" è preferibile che "elaborare" in quanto sottolinea il carattere soggettivo del discernimento come azione di un individuo in relazione a se stesso, o quello di un gruppo in relazione con se stesso, impenetrabile a osservatori esterni).
La presunta natura universale dei tipi di supporto che non sono centrali per le persone con disabilità psicosociali porta al secondo risultato problematico di enfatizzare il "processo decisionale supportato" piuttosto che l'uguaglianza come fulcro del cambiamento di paradigma della capacità legale.
Senza una comprensione coerente di come l'intero modello della CRPD - uguaglianza più supporto basato sulla volontà e le preferenze individuali - si applichi alle persone con disabilità psicosociali, alcuni studiosi e sostenitori cercano di reincorporare aspetti della nostra capacità legale all'interno del modello rifiutato di paternalismo coercitivo, implicati in entrambi sono tutela e interventi psichiatrici obbligatori. Con una prospettiva esterna piuttosto che allineata con le persone con disabilità psicosociali come persone uguali agli altri davanti alla legge, e con un modello che non ha ancora pienamente incorporato a livello teorico e concettuale le esperienze vissute di persone con disabilità psicosociali, cercano soluzioni che sembrano prontamente disponibili.
Il meno problematico di questi è la dipendenza eccessiva da direttive anticipate per fare il lavoro del processo decisionale supportato in situazioni di crisi, in particolare su direttive anticipate di tipo "Ulisse" che vincolano la propria volontà futura.
Le direttive anticipate che consentono alla persona di cambiare idea in qualsiasi momento, anche durante la stessa situazione di crisi, sono una forma di sostegno ma insufficiente come politica primaria perché non possono affrontare i bisogni emergenti - la crisi è per definizione inaspettata e non tutto può essere anticipato; inoltre, non tutti scelgono di fare piani anticipati. Coloro che vincolano il futuro della persona porranno problemi legali e morali che mettono in discussione il diritto di esercitare la capacità giuridica "in ogni momento, anche in situazioni di crisi". Questo tipo di direttiva anticipata cerca di evitare il problema attraverso una soluzione manageriale - fai semplicemente ciò che dice la direttiva - quando invece dobbiamo esplorare come interagire con le persone in situazioni di crisi in modo da rispettare la loro capacità giuridica, cercare di esplorare con loro la loro volontà e preferenze e fornire tipi di supporto desiderati e accettabili.
I documenti di pianificazione anticipata possono essere utilizzati come punto di partenza per la discussione, quando si presenta una crisi o altre situazioni emergenti, e come approssimazione predefinita quando è richiesta la "migliore interpretazione diellavolontà e delle preferenze" (quando, dopo sforzi significativi, ha dimostrato che non è possibile determinare la volontà della persona, lo standard articolato nel Commento generale n. 1 paragrafo 21; "la migliore interpretazione" non sostituisce il processo decisionale; se la persona inizia ad obiettare, si corregga la propria interpretazione). Tuttavia, dobbiamo affrontare esattamente le particolarità delle situazioni di crisi psicosociale come fenomeni interpersonali che richiedono creatività e non gestione.
Elementi chiave per il supporto in situazioni di crisi
In una serie di brevi scritti schematici, propongo che gli elementi chiave siano 1) le pratiche decisionali supportate specificamente per le situazioni di crisi, comprendendo supporti potenzialmente naturali, supporti formalmente designati e supporti transazionali / qualificati, tutti basati sul rispetto dell'autonomia della persona, della volontà e delle preferenze; 2) risoluzione dei conflitti non discriminatoria e non violenta per far fronte al conflitto interpersonale che è stato discriminatoriamente definito come la persona "pericolosa per gli altri"; 3) supporti pratici tra cui la difesa e la difesa per creare uno spazio più sicuro per la persona per navigare bene nella crisi e ridurre i potenziali danni - anche sulla base del rispetto dell'autonomia, della volontà e delle preferenze della persona in contrasto con la caratterizzazione discriminatoria di essere "pericoloso per se stessi" o "a rischio imminente di danno". (Vedi la serie di note intitolate "Verso una politica positiva", il breve documento "Una politica positiva per sostituire la psichiatria obbligatoria" e il mio intervento da parte della Conferenza CRPD degli Stati parti del 2019. Auspico di poter continuare a sviluppare questo quadro concettuale).
Mentre le direttive anticipate rappresentano un tentativo credibile ma imperfetto per affrontare la crisi psicosociale all'interno del quadro della CRPD e dal punto di vista delle persone con disabilità psicosociali, alcuni studiosi hanno rivolto uno sguardo manageriale alle persone con disabilità e hanno invocato un argomento di proporzionalità per giustificare interventi obbligatori contro gli individui ritenuti essere "pericolosi per se stessi o per gli altri" (See, e.g., Piers Gooding and Eilionóir Flynn, Querying
the Call to Introduce Mental Capacity Testing to Mental Health Law:
Does the Doctrine of Necessity Provide an Alternative?; Eilionóir Flynn and Anna Arstein-Kerslake, State intervention in the lives of people with disabilities: the case for a disability-neutral framework). Si tratta semplicemente di una privazione della capacità giuridica basata sui risultati (limitazione del processo decisionale basato su un risultato previsto giudicato indesiderabile da un osservatore), che equivarrà a una misura paternalistica e arbitrariamente restrittiva nei confronti della popolazione nel suo insieme, che istituisce alcuni meta-decision-maker d'élite per giudicare tutti, o saranno applicati in modo discriminatorio alle persone con disabilità e altri che potrebbero essere visti come causa di disordine sociale attraverso i loro bisogni insoddisfatti o comportamenti divergenti o di opposizione. Verrebbe inevitabilmente usato in modo simile allo standard delle leggi esistenti sulla salute mentale, per limitare la libertà delle persone in situazioni di crisi, che è lo scopo indubbio alla base di tali proposte, anche quando tentano di usare una terminologia "neutrale sulla disabilità" (see my article, CRPD and Transformative Equality.)
Proprio come il Comitato CRPD è venuto a rifiutare la privazione della capacità giuridica basata su una "valutazione funzionale" delle capacità decisionali - che in precedenza era stata rivendicata come approccio "neutrale sulla disabilità" alla limitazione della capacità giuridica - quale violazione discriminatoria del diritto alla parità di riconoscimento davanti alla legge, dobbiamo riconoscere come discriminatorio qualsiasi tentativo di giustificare la reintroduzione della detenzione arbitraria e di sostituire i regimi decisionali contro le persone con disabilità psicosociali, comprese quelle che affrontano situazioni di crisi. Il mio quadro strutturale proposto mira a soddisfare i bisogni che la società ha erroneamente posto nelle mani delle istituzioni medico-legali del paternalismo coercitivo e del palese controllo sociale con una storia di copertina paternalistica, ad analizzare i bisogni che dovrebbero venire rispettati; la sostanziale e formale discriminazione che deve essere respinta. Abbiamo superato ripetutamente la discriminazione nel creare la norma in evoluzione della capacità giuridica nella CRPD e dobbiamo continuare a farlo.
Infine, è stato problematico il fatto che gran parte della teoria e delle pratiche relative alla riforma della capacità giuridica si basasse su un de-linking dell'articolo 12 (pari riconoscimento dinanzi alla legge; capacità giuridica) dall'articolo 14 (libertà; divieto di detenzione basata sulla disabilità tra cui ricoveri psichiatrici involontari). In una fase iniziale, una serie di attori influenti ha deliberatamente messo da parte l'abolizione degli interventi psichiatrici obbligatori come parte della riforma della capacità giuridica (nonostante sia naturalmente racchiusa nella garanzia della capacità giuridica "in tutti gli aspetti della vita" nell'articolo 12, paragrafo 2) (This took place in a meeting of experts convened by a donor organization in 2010). Mentre il Commento generale n. 1 del Comitato CRPD ha riconosciuto che gli interventi psichiatrici obbligatori violano la capacità giuridica, incluse quelle in situazioni di emergenza (CG1 paragrafo 42), e le loro Linee guida sull'articolo 14 e i successivi Commenti generali hanno continuato a sviluppare il divieto assoluto di interventi psichiatrici obbligatori, la deliberata marginalizzazione di questo problema, unita alla disparità di accesso delle persone con disabilità psicosociali al finanziamento e al potere istituzionale, pone le basi per il nostro attuale lavoro e spiega in parte perché siamo in ritardo.
Sommario
Dobbiamo ricordare a noi stessi le origini del CRPD come momento costituzionale che ha permesso alle persone con disabilità, e in particolare alle persone con disabilità psicosociali, di emergere come protagoniste del diritto internazionale. Questo emergere rettifica la discriminazione di vecchia data che ci ha in effetti trattato come oggetti della legge, assenti dai loro discorsi, mentre sancivano le norme sulla capacità giuridica che ha cementato la nostra esclusione. Per quanto riguarda le disparità di potere, comprese alcune persistenti e strutturali e altre circostanziali, siamo stati emarginati anche nel discorso sulla capacità giuridica post-CRPD. (Dal lato positivo, il nostro stesso movimento ha utilizzato il tempo per approfondire diverse teorie e pratiche ancora sottostimate, avvalendosi della CRPD.) Ciò ha portato a una teoria e una pratica incompleta e imperfetta della capacità giuridica e ha supportato il processo decisionale degli studiosi e sostenitori; a una cancellazione delle barriere specifiche che affrontano le persone con disabilità psicosociali dal discorso sui diritti della disabilità, e il loro trasferimento nel contesto dei "diritti umani nella salute mentale" (che ci riabilita come oggetti allo sguardo giuridico-medico / clinico); all'incapacità delle iniziative di riforma, che affrontano le situazioni di crisi psicosociale come occasione di privazione della capacità legale e di tentativi espliciti, anche da parte di studiosi che affermano di lavorare all'interno del paradigma CRPD, di sovvertire il divieto del CRPD di prendere decisioni "al posto di".
Relegare le nostre più significative barriere di legge e di politica ai "diritti umani e alla salute mentale" (che è anche correlata alla disconnessione degli articoli 12 e 14) ha avuto gravi conseguenze per la nostra lotta per l'abolizione degli interventi psichiatrici coercitivi. Cosa più dannosa, ci marginalizza all'interno del gruppo collettivo di persone con disabilità - un'emarginazione che abbiamo combattuto in modo specifico nella nostra strategia di elaborazione e negoziazione del CRPD. La nostra esclusione può essere corretta esplorando completamente le situazioni di crisi psicosociale - le occasioni che la società cerca di giustificare come predicato per un intervento psichiatrico obbligatorio, basato sul "rischio per sé o per gli altri" - nello stesso modo in cui abbiamo analizzato la capacità legale in generale, separando preoccupazioni basate sulla solidarietà (offrendo supporto e accompagnamento) dalla discriminazione, sviluppando norme sui diritti umani dal punto di vista delle persone con disabilità psicosociali.
Dobbiamo affrontare esattamente la natura delle situazioni di crisi psicosociale e le sfide in gioco, e affrontarle entro i parametri del paradigma CRPD di uguaglianza e non discriminazione, nell'esercizio della capacità giuridica e del diritto a vivere nella comunità, inclusi i supporti appropriati, asoggettati alla volontà e alle preferenze della persona, nonché uguaglianza e non discriminazione nella libertà e nella sicurezza della persona, compresi i sistemi di polizia e di giustizia non discriminatori e la disponibilità della risoluzione dei conflitti in base alla volontà e alle preferenze di tutte le parti interessate. I miei scritti sulla politica positiva sopra citati illustrano concettualmente dove le situazioni di crisi psicosociale si adattano all'universo della capacità legale, e come possiamo contrastare i tropi discriminatori tra cui la medicalizzazione, la privazione della capacità legale ("incompetenza"), il presunto pericolo per sé e il presunto pericolo per gli altri, con una politica positiva che respinga tutte queste discriminazioni.
Proprio come il Comitato CRPD è venuto a rifiutare la privazione della capacità giuridica basata su una "valutazione funzionale" delle capacità decisionali - che in precedenza era stata rivendicata come approccio "neutrale sulla disabilità" alla limitazione della capacità giuridica - quale violazione discriminatoria del diritto alla parità di riconoscimento davanti alla legge, dobbiamo riconoscere come discriminatorio qualsiasi tentativo di giustificare la reintroduzione della detenzione arbitraria e di sostituire i regimi decisionali contro le persone con disabilità psicosociali, comprese quelle che affrontano situazioni di crisi. Il mio quadro strutturale proposto mira a soddisfare i bisogni che la società ha erroneamente posto nelle mani delle istituzioni medico-legali del paternalismo coercitivo e del palese controllo sociale con una storia di copertina paternalistica, ad analizzare i bisogni che dovrebbero venire rispettati; la sostanziale e formale discriminazione che deve essere respinta. Abbiamo superato ripetutamente la discriminazione nel creare la norma in evoluzione della capacità giuridica nella CRPD e dobbiamo continuare a farlo.
Infine, è stato problematico il fatto che gran parte della teoria e delle pratiche relative alla riforma della capacità giuridica si basasse su un de-linking dell'articolo 12 (pari riconoscimento dinanzi alla legge; capacità giuridica) dall'articolo 14 (libertà; divieto di detenzione basata sulla disabilità tra cui ricoveri psichiatrici involontari). In una fase iniziale, una serie di attori influenti ha deliberatamente messo da parte l'abolizione degli interventi psichiatrici obbligatori come parte della riforma della capacità giuridica (nonostante sia naturalmente racchiusa nella garanzia della capacità giuridica "in tutti gli aspetti della vita" nell'articolo 12, paragrafo 2) (This took place in a meeting of experts convened by a donor organization in 2010). Mentre il Commento generale n. 1 del Comitato CRPD ha riconosciuto che gli interventi psichiatrici obbligatori violano la capacità giuridica, incluse quelle in situazioni di emergenza (CG1 paragrafo 42), e le loro Linee guida sull'articolo 14 e i successivi Commenti generali hanno continuato a sviluppare il divieto assoluto di interventi psichiatrici obbligatori, la deliberata marginalizzazione di questo problema, unita alla disparità di accesso delle persone con disabilità psicosociali al finanziamento e al potere istituzionale, pone le basi per il nostro attuale lavoro e spiega in parte perché siamo in ritardo.
Sommario
Dobbiamo ricordare a noi stessi le origini del CRPD come momento costituzionale che ha permesso alle persone con disabilità, e in particolare alle persone con disabilità psicosociali, di emergere come protagoniste del diritto internazionale. Questo emergere rettifica la discriminazione di vecchia data che ci ha in effetti trattato come oggetti della legge, assenti dai loro discorsi, mentre sancivano le norme sulla capacità giuridica che ha cementato la nostra esclusione. Per quanto riguarda le disparità di potere, comprese alcune persistenti e strutturali e altre circostanziali, siamo stati emarginati anche nel discorso sulla capacità giuridica post-CRPD. (Dal lato positivo, il nostro stesso movimento ha utilizzato il tempo per approfondire diverse teorie e pratiche ancora sottostimate, avvalendosi della CRPD.) Ciò ha portato a una teoria e una pratica incompleta e imperfetta della capacità giuridica e ha supportato il processo decisionale degli studiosi e sostenitori; a una cancellazione delle barriere specifiche che affrontano le persone con disabilità psicosociali dal discorso sui diritti della disabilità, e il loro trasferimento nel contesto dei "diritti umani nella salute mentale" (che ci riabilita come oggetti allo sguardo giuridico-medico / clinico); all'incapacità delle iniziative di riforma, che affrontano le situazioni di crisi psicosociale come occasione di privazione della capacità legale e di tentativi espliciti, anche da parte di studiosi che affermano di lavorare all'interno del paradigma CRPD, di sovvertire il divieto del CRPD di prendere decisioni "al posto di".
Relegare le nostre più significative barriere di legge e di politica ai "diritti umani e alla salute mentale" (che è anche correlata alla disconnessione degli articoli 12 e 14) ha avuto gravi conseguenze per la nostra lotta per l'abolizione degli interventi psichiatrici coercitivi. Cosa più dannosa, ci marginalizza all'interno del gruppo collettivo di persone con disabilità - un'emarginazione che abbiamo combattuto in modo specifico nella nostra strategia di elaborazione e negoziazione del CRPD. La nostra esclusione può essere corretta esplorando completamente le situazioni di crisi psicosociale - le occasioni che la società cerca di giustificare come predicato per un intervento psichiatrico obbligatorio, basato sul "rischio per sé o per gli altri" - nello stesso modo in cui abbiamo analizzato la capacità legale in generale, separando preoccupazioni basate sulla solidarietà (offrendo supporto e accompagnamento) dalla discriminazione, sviluppando norme sui diritti umani dal punto di vista delle persone con disabilità psicosociali.
Dobbiamo affrontare esattamente la natura delle situazioni di crisi psicosociale e le sfide in gioco, e affrontarle entro i parametri del paradigma CRPD di uguaglianza e non discriminazione, nell'esercizio della capacità giuridica e del diritto a vivere nella comunità, inclusi i supporti appropriati, asoggettati alla volontà e alle preferenze della persona, nonché uguaglianza e non discriminazione nella libertà e nella sicurezza della persona, compresi i sistemi di polizia e di giustizia non discriminatori e la disponibilità della risoluzione dei conflitti in base alla volontà e alle preferenze di tutte le parti interessate. I miei scritti sulla politica positiva sopra citati illustrano concettualmente dove le situazioni di crisi psicosociale si adattano all'universo della capacità legale, e come possiamo contrastare i tropi discriminatori tra cui la medicalizzazione, la privazione della capacità legale ("incompetenza"), il presunto pericolo per sé e il presunto pericolo per gli altri, con una politica positiva che respinga tutte queste discriminazioni.
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