I pregiudizi e la conoscenza critica alla psichiatria
Prefazione Thomas S. Szasz;
Ed. Cooperativa Apache; Roma, 1986;
Una delle più importanti funzioni del linguaggio è aiutarci a dare
ordine al
mondo che ci circonda.
Noi ordiniamo, e ci regoliamo poi di conseguenza, sia nella conoscenza
che nell'azione:
i minerali, le piante, gli animali, le professioni, gli sport, e
naturalmente anche
le persone.
Per esempio noi classifichiamo le persone come americani, italiani,
tedeschi e
così via; distinguiamo uomini e donne; parliamo di padri, di madri e di
bambini,
definiamo fornai, macellai, e idraulici.
Molte di queste categorie non sono di regola problematiche. Ma alcune
si: come
ad esempio le streghe, gli schiavi, i malati di mente.
Ma perché queste ultime categorie sono problematiche ?
Perché mentre apparentemente esse sembrano indicare la condizione
caratteristica
di una persona, in realtà legittimano quelli che sono al potere (e le
maggioranze
che aderiscono al loro punto di vista) a trattare le persone indicate come
inferiori,
incapaci, e in breve, come individui che possono essere privati della
libertà, della
responsabilità, e a volte anche della vita.
Questo libro importante si propone di chiarire come la psichiatria e il
suo linguaggio
sono usati da professionisti su pazienti, da familiari su parenti, e da
individui
su se stessi, per definire persone come malati di mente e così invalidarle
dal punto di vista delle scelte morali. Gli autori (che, non casualmente,
non sono psichiatri)
affrontano l'argomento, che essi considerano giustamente come i problemi
della condizione
umana, con le prospettive e il linguaggio della letteratura. Il loro lavoro
non è pertanto né psichiatrico né antipsichiatrico, essendo psichiatria
e antipsichiatria
ugualmente sbagliate. La loro opera è certamente una narrazione,
ma con
una caratteristica particolare: le vicende che essi raccontano non solo
sono vere,
ma sono cariche di un messaggio completamente opposto ai messaggi di cui
sono pieni
gli scritti degli psichiatri e degli antipsichiatri.
Poiché spesso mi viene dato il merito, oppure la colpa, di essere stato
l'iniziatore
del moderno pensiero di critica alla psichiatria, che significa critica sia
al pensiero
psichiatrico che a quello antipsichiatrico, e poiché in questo lavoro
posso dire di avere avuto anche un certo successo, colgo volentieri
l'opportunità di presentare
questo libro, scritto da due amici, con cui io sento un importante legame
intellettuale,
per precisare il più possibile che le nostre posizioni divergono del tutto
da quelle degli antipsichiatri.
Probabilmente questa precisazione è importante specialmente in Italia,
dove Franco
Basaglia è stato entusiasticamente applaudito come un grande
anti-psichiatra riformatore
delle malefatte della psichiatria.
Nel 1960, pubblicai un articolo intitolato "Il mito della malattia
mentale", a
cui seguì, un anno più tardi, un libro dallo stesso titolo. La mia
critica attirò
subito molti seguaci, alcuni dei quali rovesciarono completamente le mie
argomentazioni
e, presto diventarono famosi per averlo fatto.
Io avevo detto che non ci sono le malattie mentali, essi dissero che la
società è malata e fa ammalare le persone. Io avevo detto che la psichiatria
autoritaria è un crimine contro l'umanità, indipendentemente dal fatto che i
cosiddetti pazienti
mentali siano incarcerati in paesi capitalisti o comunisti da governi di
destra o da
governi di sinistra essi dissero invece che la psichiatria faceva parte
dell'apparato
oppressivo del sistema capitalistico e cominciarono a civettare con
l'anticapitalismo
quasi fosse un antidoto al veleno della psichiatria, come sembrava pensare
Laing o si
rivolsero esplicitamente ad abbracciare il comunismo come fosse un rimedio,
come
Cooper e Basaglia. Era nata così l'antipsichiatria.
Cosi, rifiutando di respingere interamente il linguaggio della
psichiatria, ma
usando questo linguaggio per colpire i loro avversari, gli antipsichiatri si guadagnarono
una temporanea popolarità, ma perdettero così ogni contenuto.
Contemporaneamente
Basaglia si è conquistato la fama di avere abolito i manicomi in Italia,
discorso
così assurdo come è assurdo dire che le malattie mentali sono malattie
come tutte
le altre. Similmente Laing si è attribuito il merito di avere sviluppato
un metodo
nuovo e migliore per trattare gli schizofrenici. Anche questa una
affermazione falsa.
Laing, che ora rifiuta i suoi vecchi tentativi di legare la psichiatria
alla politica
di sinistra, non afferra ancora la differenza fondamentale che corre fra il
rigettare
la prospettiva psichiatrica e l'usarla a proprio vantaggio.
La citazione che segue è tratta da una sua conferenza del 1985:
"La letteratura di questo particolare campo (critica alla
psichiatria) fu inaugurata,
penso, dal libro 'Il mito della malattia mentale' di Thomas Szasz... ma
Thomas Szasz
in varie occasioni ha fatto di tutto per distinguersi, sia nei suoi scritti
che nelle sue affermazioni pubbliche, dal movimento antipsichiatrico... Il
termine psichiatria
stesso, che letteralmente significa medicina della psiche, si riferisce ai
mezzi
che questa particolare branca della professione medica usa per cercare di
prevenire
e alleviare le sofferenze della mente malata... Noi [Laing e Cooper] siamo
arrivati
a pensare che gran parte della pratica psichiatrica era antipsichiatrica
nel senso
che non raggiungeva i risultati che intendeva raggiungere... Io considero
la psichiatria
una forma di antipsichiatria. L'approccio che io ho cercato di sviluppare
in teoria
e in pratica è tale che io penso possa essere considerato una genuina
azione per
alleviare le sofferenze psichiche e mentali... Gli psichiatri sono i veri
antipsichiatri,
non noi che abbiamo cercato di praticare la psichiatria in senso genuino.
(Laing R.D.,
"Antipsychiatry", AHP Perspective, December, 1985 pp. 10-11;
emphasis added)".
Laing quindi vuole fare ancora psichiatria genuina.
Basaglia, da parte sua, non ha mai smesso di praticare psichiatria
genuina, il
che, in pratica ha significato rafforzare, piuttosto che indebolire, la
legittimità
degli interventi psichiatrici contro la volontà delle persone interessate
con l'aver
trasferito il luogo in cui avviene il ricovero dall'ospedale psichiatrico a
quello civile.
Io non affermo di praticare psichiatria genuina o altro tipo di
psichiatria. E
neppure Antonucci, che tra l'altro è un medico senza formale tirocinio o
specializzazione
in psichiatria. E tanto meno Colacicchi, che è al di fuori della
professione, in
nessun modo contaminato da discipline o indottrinamenti psichiatrici: ma
piuttosto
un artista e un fiorentino, contaminato senza speranza dalla tradizione
umanistica
italiana.
Nell'affrontare la controversia intorno alla psichiatria - sottolineano
gli autori
- noi dobbiamo scegliere tra Pinel e Cechov: così o usiamo il linguaggio
delle malattie
mentali per raggiungere alcuni nostri particolari scopi politici e morali,
oppure usiamo il linguaggio del discorso tra gli uomini per affrontare sul
serio i problemi
della condizione umana.
"La gente ha bisogno di ricordarsi delle proprie necessità
piuttosto che essere
inquadrata" diceva Samuel Johnson. Giorgio Antonucci e Piero
Colacicchi hanno adottato
questa saggia risoluzione: essi ricordano ai lettori di non confondere le
contraddizioni degli uomini con le categorie della medicina.
Thomas Szasz
Syracuse, New York, 15/2/1 986
Nessun commento:
Posta un commento