martedì 18 agosto 2015

I pregiudizi e la conoscenza critica della psichiatria di Giorgio Antonucci





I pregiudizi e la conoscenza critica alla psichiatria 

Prefazione Thomas S. Szasz;
Ed. Cooperativa Apache; Roma, 1986;


Scarica qui: http://www.spunk.org/texts/health/sp001619/ 
 

Una delle più importanti funzioni del linguaggio è aiutarci a dare ordine al mondo che ci circonda.
Noi ordiniamo, e ci regoliamo poi di conseguenza, sia nella conoscenza che nell'azione: i minerali, le piante, gli animali, le professioni, gli sport, e naturalmente anche le persone.
Per esempio noi classifichiamo le persone come americani, italiani, tedeschi e così via; distinguiamo uomini e donne; parliamo di padri, di madri e di bambini, definiamo fornai, macellai, e idraulici.
Molte di queste categorie non sono di regola problematiche. Ma alcune si: come ad esempio le streghe, gli schiavi, i malati di mente.
Ma perché queste ultime categorie sono problematiche ?
Perché mentre apparentemente esse sembrano indicare la condizione caratteristica di una persona, in realtà legittimano quelli che sono al potere (e le maggioranze che aderiscono al loro punto di vista) a trattare le persone indicate come inferiori, incapaci, e in breve, come individui che possono essere privati della libertà, della responsabilità, e a volte anche della vita.

Questo libro importante si propone di chiarire come la psichiatria e il suo linguaggio sono usati da professionisti su pazienti, da familiari su parenti, e da individui su se stessi, per definire persone come malati di mente e così invalidarle dal punto di vista delle scelte morali. Gli autori (che, non casualmente, non sono psichiatri) affrontano l'argomento, che essi considerano giustamente come i problemi della condizione umana, con le prospettive e il linguaggio della letteratura. Il loro lavoro non è pertanto né psichiatrico né antipsichiatrico, essendo psichiatria e antipsichiatria ugualmente sbagliate. La loro opera è certamente una narrazione, ma con una caratteristica particolare: le vicende che essi raccontano non solo sono vere, ma sono cariche di un messaggio completamente opposto ai messaggi di cui sono pieni gli scritti degli psichiatri e degli antipsichiatri.
Poiché spesso mi viene dato il merito, oppure la colpa, di essere stato l'iniziatore del moderno pensiero di critica alla psichiatria, che significa critica sia al pensiero psichiatrico che a quello antipsichiatrico, e poiché in questo lavoro posso dire di avere avuto anche un certo successo, colgo volentieri l'opportunità di presentare questo libro, scritto da due amici, con cui io sento un importante legame intellettuale, per precisare il più possibile che le nostre posizioni divergono del tutto da quelle degli antipsichiatri.
Probabilmente questa precisazione è importante specialmente in Italia, dove Franco Basaglia è stato entusiasticamente applaudito come un grande anti-psichiatra riformatore delle malefatte della psichiatria.
Nel 1960, pubblicai un articolo intitolato "Il mito della malattia mentale", a cui seguì, un anno più tardi, un libro dallo stesso titolo. La mia critica attirò subito molti seguaci, alcuni dei quali rovesciarono completamente le mie argomentazioni e, presto diventarono famosi per averlo fatto.
Io avevo detto che non ci sono le malattie mentali, essi dissero che la società è malata e fa ammalare le persone. Io avevo detto che la psichiatria autoritaria è un crimine contro l'umanità, indipendentemente dal fatto che i cosiddetti pazienti mentali siano incarcerati in paesi capitalisti o comunisti da governi di destra o da governi di sinistra essi dissero invece che la psichiatria faceva parte dell'apparato oppressivo del sistema capitalistico e cominciarono a civettare con l'anticapitalismo quasi fosse un antidoto al veleno della psichiatria, come sembrava pensare Laing o si rivolsero esplicitamente ad abbracciare il comunismo come fosse un rimedio, come Cooper e Basaglia. Era nata così l'antipsichiatria.
Cosi, rifiutando di respingere interamente il linguaggio della psichiatria, ma usando questo linguaggio per colpire i loro avversari, gli antipsichiatri si guadagnarono una temporanea popolarità, ma perdettero così ogni contenuto. Contemporaneamente Basaglia si è conquistato la fama di avere abolito i manicomi in Italia, discorso così assurdo come è assurdo dire che le malattie mentali sono malattie come tutte le altre. Similmente Laing si è attribuito il merito di avere sviluppato un metodo nuovo e migliore per trattare gli schizofrenici. Anche questa una affermazione falsa.
Laing, che ora rifiuta i suoi vecchi tentativi di legare la psichiatria alla politica di sinistra, non afferra ancora la differenza fondamentale che corre fra il rigettare la prospettiva psichiatrica e l'usarla a proprio vantaggio.
La citazione che segue è tratta da una sua conferenza del 1985:
"La letteratura di questo particolare campo (critica alla psichiatria) fu inaugurata, penso, dal libro 'Il mito della malattia mentale' di Thomas Szasz... ma Thomas Szasz in varie occasioni ha fatto di tutto per distinguersi, sia nei suoi scritti che nelle sue affermazioni pubbliche, dal movimento antipsichiatrico... Il termine psichiatria stesso, che letteralmente significa medicina della psiche, si riferisce ai mezzi che questa particolare branca della professione medica usa per cercare di prevenire e alleviare le sofferenze della mente malata... Noi [Laing e Cooper] siamo arrivati a pensare che gran parte della pratica psichiatrica era antipsichiatrica nel senso che non raggiungeva i risultati che intendeva raggiungere... Io considero la psichiatria una forma di antipsichiatria. L'approccio che io ho cercato di sviluppare in teoria e in pratica è tale che io penso possa essere considerato una genuina azione per alleviare le sofferenze psichiche e mentali... Gli psichiatri sono i veri antipsichiatri, non noi che abbiamo cercato di praticare la psichiatria in senso genuino. (Laing R.D., "Antipsychiatry", AHP Perspective, December, 1985 pp. 10-11; emphasis added)".
Laing quindi vuole fare ancora psichiatria genuina.
Basaglia, da parte sua, non ha mai smesso di praticare psichiatria genuina, il che, in pratica ha significato rafforzare, piuttosto che indebolire, la legittimità degli interventi psichiatrici contro la volontà delle persone interessate con l'aver trasferito il luogo in cui avviene il ricovero dall'ospedale psichiatrico a quello civile.
Io non affermo di praticare psichiatria genuina o altro tipo di psichiatria. E neppure Antonucci, che tra l'altro è un medico senza formale tirocinio o specializzazione in psichiatria. E tanto meno Colacicchi, che è al di fuori della professione, in nessun modo contaminato da discipline o indottrinamenti psichiatrici: ma piuttosto un artista e un fiorentino, contaminato senza speranza dalla tradizione umanistica italiana.
Nell'affrontare la controversia intorno alla psichiatria - sottolineano gli autori - noi dobbiamo scegliere tra Pinel e Cechov: così o usiamo il linguaggio delle malattie mentali per raggiungere alcuni nostri particolari scopi politici e morali, oppure usiamo il linguaggio del discorso tra gli uomini per affrontare sul serio i problemi della condizione umana.
"La gente ha bisogno di ricordarsi delle proprie necessità piuttosto che essere inquadrata" diceva Samuel Johnson. Giorgio Antonucci e Piero Colacicchi hanno adottato questa saggia risoluzione: essi ricordano ai lettori di non confondere le contraddizioni degli uomini con le categorie della medicina.

Thomas Szasz

Syracuse, New York, 15/2/1 986






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