martedì 17 settembre 2019

I giovani prime vittime della psichiatria: una testimonianza di Piero Colacicchi



di Piero Colacicchi

Io credo (o, piuttosto: spero) che in un tempo futuro, ma forse non troppo lontano da oggi, verrà istituito il Giorno Mondiale della Memoria in commemorazione delle vittime della Psichiatria e, se ciò dovesse davvero accadere, la data giusta sarebbe il 23 di novembre. 

Il Giorno della Memoria in commemorazione delle vittime dell'Olocausto è stata indetta in ricordo del 27 gennaio 1945 quando le truppe russe entrarono ad Auschwitz e il mondo fu messo di fronte alle conseguenze del pensiero razzista. Il 23 novembre del 1971 avvenne la prima delle 'Calate', cioè la prima delle cinque visite popolari spontanee di controllo all'Ospedale Psichiatrico Statale San Lazzaro di Reggio Emilia. La visita era nata in seguito al lavoro svolto dal Dott. Giorgio Antonucci durante l'anno precedente nella provincia di Reggio per tenere in libertà coloro che erano in pericolo di ricovero obbligato in quell'ospedale. Parteciparono una sessantina di persone venute dai paesi della montagna reggiana ed alcune, io compreso, chiamate da Antonucci da altre città. Questa fu, per quanto ne so, la prima volta nella storia che un gruppo numeroso di cittadini sia entrato insieme, improvvisamente e senza preavviso, in un'istituzione chiusa come un ospedale psichiatrico con la dichiarata intenzione di vedere quello che veramente vi succedeva. Tutti i giornali locali ed alcuni tra quelli nazionali ne discussero per mesi.. Ne parlarono anche all'estero. Ed è appunto perciò che il 23 novembre sarebbe la data giusta per ricordare gli orrori di cui è responsabile la psichiatria: la svalutazione totale e definitiva del pensiero di migliaia di persone e la lenta e metodica distruzioni dei loro corpi.

Un resoconto di quella visita lo feci già anni fa nel capitolo che Antonucci mi chiese di scrivere per il suo libro" Critica al Giudizio Psichiatrico" edito da Sensibili alle Foglie nel 1993 (1), ma voglio qui riprenderne la parte che descrive il momento in cui entrammo nel reparto De Sanctis, cioè nel reparto in cui erano rinchiuse le persone più giovani, tra cui anche bambini.

Eravamo passati da vari reparti per adulti, alcuni dei quali erano lì da venti, trenta e più anni, trovandoci di fronte a scene terribili come stanze con donne mezze nude legate ai letti e perfino alle inferriate delle finestre e uomini, coperti dei loro escrementi, messi in tutta fretta sotto violenti spruzzi d'acqua appena si era sparsa la voce che noi giravamo l'ospedale, ed avevamo i nervi a fior di pelle, ma non immaginavamo di poterci trovare di fronte a scene ancora più sconvolgenti. 

Nel capitolo "Le calate di Reggio Emilia" del libro scrivevo: 

<< Alla fine della mattinata ci dirigemmo verso l'edificio più lontano ed isolato, il reparto De Sanctis, dove venivano rinchiusi i bambini. Prima di entrare dovemmo sostenere un'animata discussione con le infermiere ed entrammo solo quando si furono assicurate che avevamo il consenso del direttore [consenso alla visita dell'Ospedale che era stato concesso di malavoglia, dopo molti tentativi di mandarci via con le buone, e soltanto perché richiesto in modo sempre più pressante da gente determinata e convinta che il diniego nascondesse cose che nessuno doveva vedere]. Ancora un grande stanzone con panche lungo le pareti vuote, ma questa volta vedemmo ragazzi e bambini, alcuni dell'età di cinque o sei anni, di cui alcuni legati che piangevano e chiedevano di esser liberati. Ordinammo alle infermiere di scioglierli, ma loro si rifiutarono. Rimanemmo lì un po' di tempo e cercammo di parlare con i bambini, ma fu difficile, specialmente per l'atteggiamento chiuso e minaccioso delle infermiere che si intromettevano protestando ogni volta che si provava ad avvicinarsi. Dopo un po', mentre giravo per un corridoio, sentii qualcuno piangere disperatamente, ma non vidi nessuno. Mi sembrò che i lamenti provenissero da dietro una piccola porta metallica. Chiamai Antonucci e altri ed insieme chiedemmo ad una delle infermiere chi fosse chiuso là dentro. “Là dentro non c'è niente” rispose. Le ordinammo di aprire. Dietro la porta, chiuso a chiave in uno sgabuzzino buio di pochi metri, un ragazzino legato ad una sedia piangeva e ci guardava terrorizzato. Inorriditi chiedemmo all'infermiera perché non ci aveva detto che lì dentro c'era un bambino e lei rispose che non se lo ricordava. Le chiedemmo perché fosse chiuso là dentro e lei rispose che di recente il bambino era stato operato di tonsille ed era tenuto in quello stanzino perché non si facesse del male agitandosi.>> (2)

E' bene chiarire subito che non si trattava del caso isolato di un istituto particolarmente mal gestito, né di questioni oggi superate, ma che è proprio così che erano e sono ancora le istituzioni psichiatriche. Di situazioni molto simili ce ne sono in tutto il mondo e io stesso ho avuto la possibilità di vederne sia in Italia che negli Stati Uniti dove ho vissuto per qualche anno: sono stato all'interno dell'ospedale psichiatrico di Belleview, a New York, in quello di Middletown, in quello di Syracuse e altrove. Del resto secondo gli psichiatri, e per chi è d'accordo con loro : “ [...] i malati di mente raggiungono [...] il livello [...] delle bestie selvatiche, delle piante e delle pietre” (3) 

Il lavoro di Giorgio Antonucci, che io ho seguito quasi giorno per giorno per almeno quindici anni, prima sul territorio, a Reggio Emilia, dove riusciva a far si che non fossero ricoverate le persone della montagna che rischiavano di esserlo, e poi all'interno dell'Ospedale Psichiatrico, a Imola, dove, demolendo nei reparti a lui affidati le alte mura e tutto quello che sapeva di psichiatrico, di coercitivo, restituiva alla libertà e alle famiglie uomini e donne che avevano sofferto anni di ricovero e di violenza - cose che, in parte, aveva fatto anche Basaglia - ha dimostrato non solo che questo è possibile ma che agendo in modo non psichiatrico - cosa a cui Basaglia non era arrivato - e cioè trattando i ricoverati come persone che non hanno niente di diverso da chiunque altro eccettuati i danni fisici e morali ricevuti in anni di manicomializzazione - danni gravissimi - è davvero possibile dimostrare che la malattia mentale è una falsità, una finzione giuridica. (4) 

Quando ancora non conosceva il lavoro di Antonucci, il Dott.Thomas S. Szasz (5) , medico statunitense autore di moltissimi libri contro la psichiatria aveva scritto: “Io sostengo con decisione che la malattia mentale è una finzione giuridica e, finché la si voglia usare come tale, non può esserne dimostrata la falsità” (6).

Antonucci, poiché lavorava per rimettere in libertà le vittime degli psichiatri e allontanarle da qualsiasi contesto psichiatrico, è stato in grado di dimostrarla, quella falsità, riuscendo a reinserire nel loro ambiente sociale d'origine persone che avevano sulle spalle anni di camicie di forza, legacci, inutili feroci punizioni e psicofarmaci. 

Recentemente l' On. Ignazio Marino ha fatto vedere in televisione, pur non approfondendo la questione del rapporto tra diritto e psichiatria, l'interno di alcuni Ospedali Psichiatrici Giudiziari che non sono per niente diversi dal San Lazzaro di Reggio Emilia e dall'Osservanza di Imola degli anni '70-80 o da qualsiasi istituzione manicomiale: persone, anche con reati lievi, incarcerate per decine di anni e tenute come non si terrebbero delle bestie. Ma quella trasmissione è stata un fatto eccezionale: oggi, come allora, di quel che avviene nelle istituzioni psichiatriche non se ne parla quasi mai e tanto meno se ne vedono gli interni; quando se ne parla lo si fa, come in questo caso, come se si trattasse di casi di 'malasanità' mentre si tratta di pesanti violazioni sia dei principi del diritto che delle basi etiche della medicina (o di quelle che dovrebbero esserlo) Offrendo la loro attiva partecipazione alla psichiatrizzazione istituzionale coatta sia gli uomini di legge sia i medici si rendono complici a tutti gli effetti di tutto ciò che avviene nelle istituzioni psichiatriche: dalle carcerazioni di innocenti agli omicidi (al di là dei manicomi giudiziari, immutati, oggi si tratta di istituzioni pericolosamente mascherate ed ancora più invisibili di prima perché non più 'manicomi', ma reparti di psichiatria degli ospedali civili) permettendo che, così come fanno i razzisti, pregiudizio e violenza vengano innalzati a livello di scienza. 

Thomas S. Szasz chiama 'Stato terapeutico' lo Stato in cui la medicina, attraverso la psichiatria coercitiva, esercita il suo potere e, per farsi capire, lo confronta con quanto avviene nello stato assistenziale (7). Lo scopo dello Stato assistenziale, ricorda infatti Szasz, è di cercare di alleviare la povertà e la disoccupazione, i suoi beneficiari non sono aiutati contro la loro volontà ed è una forma di Stato costituzionale, regolato attraverso la legge; lo scopo dello Stato terapeutico è invece di cercare di risolvere problemi personali e sociali definendoli malattie; i suoi beneficiari vengono spesso aiutati contro la loro volontà; è uno Stato totalitario, governato dalle regole della discrezionalità terapeutica (8).  E specifica che le malattie del corpo sono fenomeni biochimici ovvero processi situati nel corpo. Le malattie mentali sono invece nomi per abitudini personali o comportamenti non accettati nel contesto sociale (9). 

"La psichiatria è comoda per nascondere i problemi e declinare le responsabilità" (10) spiega Antonucci. "[essa] ha potere arbitrario (11)  ma grandissimo, con il ricorso a concetti ambigui e poco definiti che, proprio per la loro indeterminazione e mancanza di chiarezza, possono essere applicati a tutti in qualsiasi momento, con grande pericolo per ciascuno" (12) 

Un potere arbitrario che può portare ad anni di carcerazione psichiatrica e che si esercita inventando malattie, chiamate anche, più ipocritamente, disturbi, (ma sì: la psichiatria sembra avere poteri quasi magici perché sa inventare e, a sua scelta, cancellare l'esistenza stessa di malattie!) come nel caso di quelli recentemente escogitati per coprire gravi difetti organizzativi e didattici nella scuola: i cosiddetti DSA; 'disturbi dell'apprendimento' - dislessia, disgrafia, discalculia cioè difficoltà nella lettura, nella scrittura, nei calcoli aritmetici. Invenzioni di comodo che spostando le responsabilità dall'istituzione scolastica agli studenti assolvono chi non sa insegnare, finanziano le case produttrici di tecnologie alternative, ma mettono in pericolo il futuro dei giovani e dei bambini fino dalle scuole elementari (13) 

(1) Del Dott. Giorgio Antonucci si leggano: I Pregiudizi e la Conoscenza, Critica alla Psichiatria, Ed. Cooperativa Apache, Roma, 1986; Il Pregiudizio Psichiatrico, Ed. Elèutera, Milano, 1989; La Nave del Paradiso, Ed. Spirali, Milano, 1990; Critica al Giudizio Psichiatrico, Ed. Sensibili alle Foglie, Roma, 1993; Pensieri sul Suicidio, Ed. Elèutera, Milano, 1996; Le Lezioni della Mia Vita: La medicina, la psichiatria, le istituzioni, Ed. Spirali, Milano, 1999; Diario dal Manicomio: Ricordi e Pensieri, Ed Spirali, Milano, 2006.

2 Le Calate, che coinvolsero più di cinquecento persone e minacciavano di crescere ancora, furono considerate da molti Reggiani una continuazione della Resistenza - era il '71 e molti sia tra i partecipanti che tra i ricoverati erano stati partigiani. Furono bloccate, a quanto si diceva già allora, per ordine del PCI direttamente da Roma poiché la situazione entrava in collisione con quella grande mossa politica in cui si stavano imbarcando Berlinguer per il PCI e Moro per la DC, detta il "compromesso storico", cioè un governo di coalizione.

3 Michael s. Moore, docente di giurisprudenza, citato in: T.S.Szasz: L'incapace: lo specchio morale del conformismo, Spirali Vel, Milano, 1990, pag. 38)

4 Scrive a questo proposito il Dott. Roberto Cestari: "La ricerca certamente più affannosa e costosa della storia della psichiatria è quella del 'gene della follia'. Prima pensavano che fosse un batterio o un qualche microbo, poi un virus, oggi (da cento anni circa) sono più orientati a credere in un gene. In questa ricerca sono stati spesi miliardi di dollari: senza nessun risultato" Roberto Cestari: L'Inganno Psichiatrico, Ed. Sensibili alle Foglie, Roma, 1994, pag.118 . Inutile dire che, dal 1994 a oggi, niente è cambiato!

5 Thomas S. Szasz: Budapest 15 Aprile 1920 – Syracuse, N.Y, 8 Settembre 2012.

6 Tomas S. Szasz: L'Incapace, pag.20 

7 ...verso il quale Szasz ha pure varie riserve

8 Vedi anche: T.S. Szasz: Farmacrazia: Medicina e Politica in America, trad. Francesco Saba Sardi, Milano: Spirali, 2005

9 Vedi ancora: T. S. Szasz: Farmacrazia ecc.

10 Giorgio Antonucci: Diario dal manicomio: ricordi e pensieri, Spirali, Milano, 2006, pag.252

11 Sul modello arbitrario / coercitivo dello Stato terapeutico basato su pregiudizi, in cui la violenza è fatta passare per beneficenza e chi la riceve come incapace di autodeterminazione, sono state approvate in Italia da dieci Consigli Regionali, tra il 1985 e il 1995, una serie di norme 'a tutela dei nomadi e del nomadismo', unico paese al mondo a farlo: concetti infondati quando riferiti a rom e sinti, assai discriminanti e dispregiativi, di origine ottocentesca ed equivalenti ad agitati in campo psichiatrico. Come conseguenza di quelle norme è nata l'istituzione dei “campi per nomadi” luoghi di segregazione imposti contro la volontà degli stessi rom e sinti e severamente condannati sia dalla Comunità Europea sia dall'ONU.

12 Giorgio Antonucci: Diario dal manicomio...pag. 115.

13 Vedi: Dr. Regina Biondetti: Dislessia? Epidemia di una bugia, in: Oltre i Limiti dei Vecchi Paradigmi, Atti del Convegno

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