venerdì 17 novembre 2017

Imparare a smettere gli psicofarmaci * Learning About Psychiatric Drug Withdrawal by Peter C. Gøtzsche

foto https://www.sott.net/article/312615-Prescription-drugs-are-killing-us-says-Dr-Peter-Gotzsche-and-hes-not-the-only-one




By: Professor Peter C. Gøtzsche, the Nordic Cochrane Centre; Pharmacist Birgit Toft; Pharmacist Bertel Rüdinger; Child and adolescent psychiatrist Lisbeth Kortegaard; Psychologist Olga Runciman; and Psychologist Anders Sørensen
 
Il 12 giugno 2017 a Copenhagen abbiamo tenuto il primo corso sulla sospensione degli psicofarmaci. Il corso era aperto a pazienti, parenti, psicologi, medici e altri operatori sociali e sanitari; hanno partecipato 77 persone.


Le nostre guide pratiche, una tabella sull’astinenza, un elenco di medici e di altri, disposti ad aiutare con lo scalaggio e le lezioni (con sottotitoli in inglese) sono disponibili sulla prima pagina di www.deadlymedicines.dk.



Nell’ottobre del 2016, due di noi sono stati coinvolti nella co-fondazione dell'International Institute for Psychiatric Drug Withdrawal [Istituto Internazionale per la dismissione di psicofarmaci] di Göteborg, in Svezia, istituto che ha appena terminato il suo primo corso. Al Nordic Cochrane Center facciamo ricerca sulla dismissione degli psicofarmaci, e tutti coloro che sono interessati a questo aspetto sono i benvenuti.


I corsi sulla dismissione sono assolutamente necessari. Circa il 5% degli abitanti dei paesi occidentali sono assuefatti da psicofarmaci e hanno difficoltà a trovare aiuto per la loro dismissione. Pochissimi medici sanno come farlo correttamente e le raccomandazioni ufficiali sono scarse, ad es. dimezzare la dose quando si scalano gli antidepressivi è troppo veloce. Si possono ridurre i sintomi di astinenza riducendo la dose solo del 10% alla volta, dal 100% al 90% e dopo 2-4 settimane, fino all’80% della dose abituale, ecc., e magari a passi ancora più piccoli, quando la dose è stata ridotta fino circa il 30%.


Spesso il passo più difficile è passare da una dose bassa al niente, che costituisce un’enorme barriera psicologica. Il paziente ha spesso costruito la sua identità intorno a una diagnosi accompagnata dall’assunzione di psicofarmaci, e a metà (o più della metà) dei pazienti è stato detto che il loro disturbo mentale è dovuto a uno squilibrio chimico nel cervello. Si tratta di un mito, ma ha lo sfortunato effetto che alcuni pazienti hanno paura di rimanere senza psicofarmaci perché pensano di essere chimicamente difettosi e che gli psicofarmaci possano rimetterli a posto.


Molti pazienti hanno sperimentato di non riuscire ad ottenere aiuto nello scalaggio, oppure gli psichiatri li hanno allontanati quando hanno iniziato a scalare gli psicofarmaci da soli, anche se avrebbero comunque preferito rimanere in contatto con il servizio psichiatrico per ottenere supporto psicologico. Un membro dello staff in una comunità (struttura abitativa assistita) aveva chiesto cosa fare per sostenere i pazienti nel processo di dismissione degli psicofarmaci, ma lo psichiatra supervisore non era disposto a discutere la questione. Aveva risposto che se una persona gestisce il farmaco, agisce come un assistente medico ed è quindi tenuto a seguire le istruzioni. Tuttavia in Danimarca, il National Board of Social Welfare ha pubblicato numerosi opuscoli utili sulla rieducazione dello psicofarmaco, tra cui “The Good Consultation”, e usandolo la psichiatria sociale ha avuto esperienze positive.


Gli psicofarmaci influenzano le normali funzioni cerebrali, ed è quindi importante avere un programma di scalaggio. Durante la dismissione, c'è in genere una fase in cui ritornano le sensazioni e il senso del proprio corpo. Questo può essere un momento caotico e difficile da superare, perché il paziente non ha funzionato normalmente per un tempo molto lungo, né al lavoro, né socialmente o durante il tempo libero. In questa fase, l’aiuto di famigliari, amici e conoscenti è essenziale per sostenere la speranza del paziente in una vita migliore senza psicofarmaci e per evitare che il paziente possa ripensarci e riprendere completamente l’assunzione degli psicofarmaci. In questa fase, i pazienti e i loro parenti traggono spesso beneficio dai colloqui di supporto con un terapista professionista.


Quando le persone entrano più a stretto contatto con se stesse, in primo luogo tendono a rivivere il motivo per cui sono finite in psichiatria. Pertanto, molti trarranno grande beneficio lavorando terapeutico su ciò che è successo nel corso della loro vita. Ad esempio, la maggior parte di quelli che hanno una diagnosi di schizofrenia, hanno sperimentato gravi traumi.


Un’altra fase difficile si verifica quando i pazienti si sono liberati dagli psicofarmaci e riprendono il contatto sociale. Forse hanno avuto pochi o, nessun contatto con i famigliari e gli amici, e può essere difficile capire che i loro cari stanno bene e hanno un buon lavoro, mentre il paziente è magari stato lasciato in una comunità circondato da persone che stanno vivendo un periodo difficile


La nostra conoscenza su ciò che accade durante la dismissione degli psicofarmaci e specialmente dopo la dismissione, è scarsa. Se il paziente comincia ad avere sintomi alcuni mesi dopo la dismissione, molti lo interpretano come una ricaduta nel disturbo, ma questo è tutt'altro che evidente. Spesso si tratta di sintomi di astinenza tardiva che possono essere scatenati da stress o traumi, in un cervello che non si è ancora completamente ristabilito. Potrebbe volerci molto tempo prima che i sistemi recettori del cervello ritornino alle loro normali condizioni, e talvolta non succede mai, il che significa che il trattamento ha causato danni permanenti al cervello.

Un processo di sospensione dello psicofarmaco deve essere adattato a ciò cui il paziente può far fronte, e quindi deve essere controllato dal paziente. Non è possibile dire nulla con certezza riguardo la durata; nella maggior parte dei casi, durerà alcuni mesi, nel peggiore dei casi, diversi anni o la dismissione non si realizzerà mai.


Se un paziente sta assumendo più di un psicofarmaco, si consiglia di smettere un farmaco alla volta, perché è difficile sapere quale di questi ha causato i sintomi di astinenza, se una dose di tutti gli psicofarmaci viene ridotta allo stesso tempo. Se il primo farmaco che il paziente ha assunto ha causato effetti collaterali che hanno portato a una nuova diagnosi psichiatrica e nuovi psicofarmaci per questa sofferenza iatrogena, si dovrebbe iniziare con il primo psicofarmaco. Ad esempio, nel caso a un paziente sia stata prescritta una pastiglia antidepressiva per i sintomi di depressione provocati da un precedente trattamento con uno stimolante centrale. In questo caso, il primo passo è quello di smettere lo stimolante centrale, e poi la pastiglia antidepressiva. Se iniziano con la pastiglia antidepressiva, il paziente può sperimentare una depressione da dismissione dovuta allo “squilibrio chimico” causato dallo psicofarmaco.

Una depressione da dismissione è un danno causato dallo psicofarmaco. Non è una vera depressione che sarebbe arrivata comunque, anche senza farmaci. È caratteristico per il fatto che se la dose completa viene ripresa, i pazienti migliorano dopo alcune ore, proprio come un alcolizzato migliora quando l’alcol è di nuovo sul tavolo.
Per altri pazienti è vantaggioso iniziare con gli psicofarmaci più problematici. Se il paziente ha successo, ci sono buone possibilità di successo anche con gli altri farmaci. Pertanto, si consiglia spesso di iniziare con i neurolettici e terminare con i sonniferi.


Se i sintomi di astinenza diventano troppo severi, si consiglia di sopportarli, poiché di solito si risolvono abbastanza rapidamente, e quindi l’intervallo dello scalaggio può essere esteso. Altri preferiscono aumentare la dose al livello in cui si trovava il paziente prima che i sintomi da astinenza diventassero troppo gravi, e poi allungare l’intervallo dello scalaggio.


È importante che il paziente tenga d’occhio se stesso ed venga supportato da famigliari, amici e conoscenti che sono spesso più obiettivi dei pazienti stessi il cui cervello è affetto da sostanze chimiche. Può essere molto utile tenere un diario e compilare una tabella di dismissione, dove è possibile aggiungere ulteriori sintomi non presenti nel grafico e seguirli giorno per giorno. Per avere un'idea generale del processo dello scalaggio, è possibile valutare i sintomi ogni giorno da 1 a 10, con 10 come il migliore.
Le case farmaceutiche hanno reso molto difficile la dismissione dagli psicofarmaci perché evitano di produrre psicofarmaci a basso dosaggio. Questo è il motivo per cui dobbiamo fare da soli. Abbiamo preparato una breve guida che spiega come la maggior parte delle compresse può essere schiacciata o disciolta in acqua e dosata con una siringa di plastica, e come le capsule possono essere suddivise.

Deadly Psychiatry and Organised Denial: Professor Peter C. Gøtzsche, MD, co-founded the Cochrane Collaboration. He has published more than 70 papers in the top 5 general medical journals and 5 books, most recently, Deadly Psychiatry and Organised Denial.
 


 

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We held the first course ever on psychiatric drug withdrawal on 12 June 2017 in Copenhagen. The course was open to patients, relatives, psychologists, doctors and other social and healthcare workers, and 77 people participated.
Our practical guides, an abstinence chart, a list of doctors and others willing to help with tapering, and the lectures (with English subtitles) are available from the front page of www.deadlymedicines.dk.
In October 2016, two of us were involved in co-founding the International Institute for Psychiatric Drug Withdrawal in Göteborg, Sweden, and this institute has also just finished its first course. At the Nordic Cochrane Centre, we do research on drug withdrawal, and everyone with an interest in this is most welcome.
Withdrawal courses are badly needed. About 5% of the inhabitants in Western countries have become dependent on psychiatric drugs and have difficulty getting help with tapering off them. Very few doctors know how to do it properly and the official recommendations are poor, e.g. to halve the dose when withdrawing from depression pills,1 which is much too fast.2 3 One can reduce withdrawal symptoms by reducing the dose by only 10 percentage points at a time, from 100% to 90%, and after another 2-4 weeks, to 80% of the usual dose, etc., perhaps with even smaller steps when the dose has been reduced to about 30%.

Often, the most difficult step is to go from a low dose to nothing, which to a considerable extent is a psychological barrier. The patient has often built their identity around a diagnosis with accompanying pill intake, and half of patients or more have been told that their mental disorder is due to a chemical imbalance in the brain. This is a myth, but it has the unfortunate effect that some patients are scared of becoming drug-free because they think they are chemically defective and that the drugs fix this.
Several patients had experienced being unable to get help with tapering, or psychiatrists dismissing them when they had tapered off the drugs on their own, but still wanted to stay in contact with psychiatry in order to get psychological support. A staff member in a group home (supported living facility) had asked what she should do if she wanted to support patients in the drug withdrawal process, but the supervising psychiatrist was unwilling to discuss the issue. The answer was that if you handle the medication, you act as a medical assistant and are required to follow the instructions. However, in Denmark, the National Board of Social Welfare has published several useful leaflets about drug pedagogics including “The Good Consultation,” and social psychiatry has good experiences with using them.
Psychiatric drugs affect normal brain functions, and it is therefore important to have a tapering plan.4 During withdrawal, there is typically a phase where feelings and the sense of one’s own body return. This can be a chaotic and difficult time to get through because the patient has not functioned normally for a very long time, neither at work, nor socially or during leisure time. In this phase, help from family, friends, and acquaintances is essential to support the patient’s hope of a better, medication-free life on the other side, and to prevent the patient from having second thoughts about withdrawal and resuming full medical treatment. In this phase, patients and their relatives often benefit from supportive talks with a professional therapist.
When people get in closer contact with themselves, they tend to relive the reason why they ended up in psychiatry in the first place. Therefore, many will benefit greatly from working therapeutically on what happened to them in their life. For example, most of those with a schizophrenia diagnosis have experienced severe traumas.
Another difficult phase occurs when patients have become drug free and resume social contact. Perhaps they have had little or no contact with family and friends, and it can be difficult to comprehend that their loved ones are well and have a good job, while the patient may be left in a group home surrounded by people who are having a hard time.
Our knowledge of what happens during drug withdrawal, and especially after withdrawal, is poor. If the patient gets symptoms some months after withdrawal, many will interpret this as a relapse of the disorder, but this is far from clear. Often it is a question of late withdrawal symptoms that can be triggered by stress or trauma in a brain that has not recovered fully. It may take a very long time for the brain’s receptor systems to revert to their normal condition, and sometimes it never happens, which means that the treatment has caused permanent brain damage.
A drug withdrawal process must be adapted to what the patient can cope with and therefore must be controlled by the patient. It is not possible to say anything with certainty about the duration; in most cases, it will last some months, at worst, several years or withdrawal will never be successful.
If a patient is taking more than one drug, it is most often recommended to withdraw from one drug at a time because it is difficult to know what caused the withdrawal symptoms if a dose of several drugs is being reduced at the same time. If the first drug the patient received caused side effects that led to a new psychiatric diagnosis and medicine for this iatrogenic suffering, one should start with the first drug. For example, if a patient was prescribed a depression pill for symptoms of depression elicited by prior treatment with a central stimulant. In this case, the first step is to withdraw the central stimulant, and next the depression pill. If they start with the depression pill, the patient may experience an withdrawal depression due to the “chemical imbalance” caused by the drug.
A withdrawal depression is harm caused by the drug. It is not a true depression that would have come anyway, even without medication. It is characteristic that if the full dose is resumed, the patients get better after a few hours, just like an alcoholic gets better when alcohol is on the table again.
For other patients, it is advantageous to start with the most troublesome medication. If the patient succeeds, there is a good chance of success with the other drugs as well. Therefore, it is often recommended to start with neuroleptic drugs and end with sleeping pills.
If the withdrawal symptoms become too severe, it is recommended to endure them, as they usually resolve pretty quickly, and then the tapering interval can be extended. Others prefer to increase the dose to the level the patient was on before the withdrawal symptoms became too severe, and then extend the tapering interval.
It is important that the patient keeps an eye on themselves and is supported by family, friends, and acquaintances who are often more objective than patients whose brains are affected by chemicals. It can be very useful to keep a diary and fill in a withdrawal chart, where additional symptoms that are not on the chart can be added, and to follow these day by day. To get an overall impression of the withdrawal process, one can rate the symptoms each day from 1 to 10, with 10 being the best.
The drug companies have made drug withdrawal very difficult by failing to produce drugs of lower strengths. This is why we must act ourselves. We have prepared a brief guide explaining how most tablets can be crushed or dissolved in water and dosed with a plastic syringe, and how capsules can be split.
  1. RADS. Rådet for Anvendelse af Dyr Sygehusmedicin. Behandlingsvejledning for almen praksis: unipolar depression. April 2015.
  2. Breggin P. Psychiatric drug withdrawal: A guide for prescribers, therapists, patients and their families. New York: Springer; 2012.
  3.  Gøtzsche PC. Deadly psychiatry and organised denial. Copenhagen: People’s Press; 2015.
  4. Vejledning om ordination af afhængighedsskabende lægemidler, nr. 9009 af 27/12/2013. Sundheds- og Ældreministeriet.

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