venerdì 14 aprile 2017

Quando il giudice è stato psichiatrizzato di Maria Catena Amato


Quando il giudice è stato psichiatrizzato di Maria Catena Amato

A distanza di anni, non so ancora chi forse in Cielo mi ha aiutata, ma se non avessi avuto quel barlume di lucidità, che all’epoca, contro tutti e contro tutto, mi fece scegliere liberamente e consapevolmente di risolvere i miei gravissimi problemi personali, senza alcun aiuto farmacologico e nessun supporto psicoterapico, non sarei ancora in vita.
Sono venuta a contatto con gli psicofarmaci e con il mondo della psichiatria, per caso, quando ignara di tutto, stavo preparando l’esame di diritto amministrativo alla Facoltà di Giurisprudenza di Palermo. Mio padre, violento in famiglia da sempre, alcolista da qualche tempo, finì in ospedale in gravissime condizioni per morirvi dopo pochi mesi. Io, per molti anni, fin da bambina, avevo abusato del cibo, all’interno della mia famiglia violenta e distruttiva, ingozzandomi ripetutamente.

Mi indirizzarono da coloro che, secondo molti, mi avrebbero aiutata in ogni caso. Primo dono: un pacchetto di ansiolitici, da prendere al bisogno, mentre, tentavano, in tutti i modi, di sottopormi ad una psicoterapia, non richiesta e non gradita, mentre la mia disperazione e la mia sofferenza crescevano ogni giorno di più. Mi rivolsi allo stesso operatore per più di un anno, senza alcun risultato, mentre le mie condizioni fisiche peggioravano ed il mio peso aumentava. Le cose non cambiarono quando andai altrove. Mi prescrissero psicofarmaci: dal Prozac, ad altri. Poi arrivarono i neurolettici, mentre cercavo di spiegare disperatamente, non ascoltata, a queste persone che con le chiacchiere non si esce dalla disperazione, specialmente quando in casa hai una madre totalmente invalida, senza risorse economiche, senza lavoro e senza futuro, anche con una laurea in Giurisprudenza, in terra di mafia! Mentre il contrasto fra le loro eccellenti teorizzazioni ed i miei principi e valori di vita, diveniva incolmabile. Ad un certo punto, finii in ospedale per “Impregnazione neurolettica.”
Ho rischiato di morire. Mi disintossicarono e gli specialisti psichiatri della clinica dove mi avevano portata mi chiesero come mai prendessi così potenti psicofarmaci e come mai me ne fossero stati prescritti per anni di tutti i tipi, visto, che, dopo un mese di osservazione all’interno della loro struttura, non avevano riscontrato in me alcuna patologia! Per loro ero perfettamente sana! Il problema dell’abuso del cibo era solo dovuto alle vicende distruttive familiari. Avevo semplicemente sfogato la disperazione sul cibo. Si poteva benissimo correggere con. un po’di serenità e di quiete, costruendo la mia vita. Ed allora tutti gli psicofarmaci prescritti?.. per quale patologia? Le domande sorgevano spontanee. Rifiutai ogni prescrizione farmacologia di neurolettici. Ritornai al Servizio dove mi volevano ancora somministrare altri psicofarmaci potentissimi, se avevo voglia di prenderne. Non ero certo guarita dalla mia gravissima patologia…poi, dissero a mia madre che potevo anche optare per un ricovero in ospedale, dove mi avrebbero sedata…Rifiutammo ogni tipo di aiuto. Ancora non ci rendevamo conto di cosa fosse successo. Incominciammo a richiedere la mia documentazione medica e le Strutture incominciarono a rifiutarcela. Mi rivolsi così all’avvocato presso il quale facevo praticantato legale. Con la minaccia di una denuncia, ci fornirono quanto richiesto e dovuto. Qual’era questo mio famoso malanno da curarmi a tutti i costi…o meglio, che desideravano così ardentemente di curarmi? Non ci è dato sapere… In una cartella avevo la personalità disturbata a vario titolo, patologie gravissime irreversibili (diagnosi postuma: sfornata al momento dell’intimazione legale!); in un’altra la bulimia. In un’altra ancora non avevo niente (ma gli psicofarmaci me li volevano dare lo stesso…Malata di che…?). Di una stessa struttura esistevano addirittura due copie di cartelle. Quale era la veritiera? Mistero…Però una cosa saltava agli occhi, evidentissima…avevo contestato… forse troppo…ribellandomi alle loro amorevoli cure…avevo fatto troppo di testa mia…pensato troppo…Di certo non mi avevano curata e neppure guarita…
Allarmati, visto che non riuscivamo a capire nulla, ci siamo rivolti ad un primario: il Professore Mario Meduri di Messina, che, dopo visita accurata e vari test di tutti i tipi, ripetuti presso un’altra struttura pubblica, con il medesimo risultato (Perfettamente sana!), mi disse che non avevo bisogno di psicofarmaci e che l’ingozzamento di cibo in tutti quegli anni, si chiamava bulimia, ed era dovuto ai problemi familiari.
Partì la denuncia verso la Magistratura. Senza soldi e senza perito, quello bravo e pagato bene, che metta in luce gli effetti distruttivi dei psicofarmaci e l’assurdità di certo sistema, non hai giustizia. Neppure in sede civile, perché la Giustizia in Italia ha un costo economico non indifferente, e noi non rientravamo neppure nel gratuito patrocinio, per pochi spiccioli! Non abbiamo neppure potuto proporre un giudizio di danni, anche qui il perito andava pagato, ante-causam ed in corso di causa. I reati, di falso in atto pubblico è difficile dimostrarli. L’esposto, dopo anni, fu archiviato per prescrizione. I reati di falso si erano prescritti! Nessuna considerazione nel merito. Nessuna giustizia per anni di inferno. La mafia dei colletti bianchi aveva vinto, come sempre…gli amici degli amici…Avanti un altro da distruggere! E’ forse scienza questa? Cosa sta succedendo?
In cura per cosa?...Ci siamo chiesti tutti, familiari ed amici…La “patologia del dissenso?” Per caso…visto che avevo avuto la felice idea di andare, come mio solito, a ficcare il naso dove non avrei dovuto e fare domande che non avrei mai dovuto fare…inopportune…contestatrici…
Quando rifiutai ogni aiuto ero distrutta fisicamente. Tutti gli psicofarmaci provocano danni collaterali, a cominciare dalla perdita della memoria, molto spesso indimostrabili, in un campo dove impera l’arbitrio. Il mio peso era di centotrenta chili ed oltre e i miei ormoni non rispondevano più.
Mi curò un medico ginecologo, il dottore Oriente Antonio, gratuitamente, al quale devo la mia vita e la mia salute.
I miei problemi personali legati al cibo, con il suo carico di sofferenza e di disperazione, li ho affrontato con l’aiuto prezioso delle persone che mi amano. Il resto è venuto da sé, dopo che ho chiuso per sempre con i veleni legalizzati e con qualunque tipo di approccio psichiatrico e similari. Abilitazione all’esercizio della professione legale e dal gennaio 2002 esercizio di funzioni giudiziarie onorarie presso il Tribunale di Patti, distretto di corte d’Appello di Messina, con all’attivo centinaia di Sentente e provvedimenti nel campo civile; dando così il mio contributo all’Amministrazione della Giustizia, crescendo umanamente e professionalmente, tra la stima e l’affetto dei Magistrati, dei colleghi e degli Avvocati. A tutti un grazie di vero cuore.
Presto ci sarà un sito: www.analistaanalizzato.it, dove raccoglierò la mia storia personale, con tutti i documenti storici connessi, per dare voce a chi non ha voce, attraverso questa mia opera prima, l’Analista Analizzato, edita dalla Casa Editrice Progetto Cultura 2003, e donare un forte messaggio di speranza alle numerose persone disperate che vengono sistematicamente distrutte nel tentativo assurdo di curargli sola la disperazione…”malati di niente!”

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