sabato 9 aprile 2016

La testimonianza di Agnès: trattamenti degradanti, trattamenti obbligatori in Francia


In violazione dell’articolo 16 dell’ONU, le persone portatrici di un handicap psichico subiscono trattamenti degradanti, che si fanno beffa della dignità umana.




Ecco la mia testimonianza:


Ultimamente sono stata ricoverata 2 volte nell’ospedale psichiatrico del mio dipartimento. In giugno mi hanno messo in una stanza di isolamento e mi hanno contenuta per 2 giorni. Sono andata in bagno la domenica a mezzogiorno e sono stata ricoverata verso le 17. L’indomani, sempre contenuta, ho gridato che dovevo fare la pipì. Dato che non arrivava nessuno, alla fine ho urinato nel letto. Sono arrivati degli infermieri. Mi hanno svestita a forza e mi hanno allargato le gambe per mettermi un pannolone per incontinenti. Mi hanno strappato il pigiama e tentato di togliermi il mio reggiseno, tutto con una violenza inaudita. Ancora oggi provo un profondo sentimento di vergogna, e percepisco questo atto come una violazione della mia intimità. Quando ci penso mi viene un nodo alla gola e mi si stringe lo stomaco.


La 2ª volta, a settembre, sono stato messa in una stanza di isolamento. Era dotata di servizi igienici chiusi dall’esterno, cosa che costringeva a urinare in un secchio igienico, sotto l’ “occhio vigile” di una telecamera di videosorveglianza. Così rinchiusi per 3 giorni e 4 notti, si perde la nozione del giorno e della notte. Quando finalmente si esce, si è diventati docili come una pecora pronti a mendicare, o quasi, gli psicofarmaci che vi sono stati prescritti e che vi vengono somministrati a orari prestabiliti 3 volte al giorno.
Questi sono i metodi shock impiegati dall’ospedale psichiatrico del mio Dipartimento, per assoggettare i più recalcitranti ... Come si può mantenere l’autostima e reintegrarsi socialmente, quando si ha subito questi trattamenti e quando non si può comunicare ciò che è stato vissuto?
Vivo nel Sud della Francia, paese dei Diritti dell’Uomo, che ha come motto “Libertà, Uguaglianza, Fraternità”. Mi è stato riconosciuta un’invalidità dell’80%.
Voglio dare la mia testimonianza per fermare questi metodi, indegni per gli esseri umani e indegni per il XXI secolo.
Vorrei anche dire che quando ero legato, hanno stretto i lacci di contenzione talmente forte, che non ero in grado di muovermi e che persino senza muovermi, la mia caviglia è stata lacerata.
Vorrei aggiungere che nel medesimo ospedale vengono usate misure vessatorie nei confronti dei pazienti; si toglie loro tutta la dignità, costringendoli a rimanere in pigiama davanti ad altri pazienti per almeno 5 giorni, più spesso per una settimana o più. È il medico che decide di togliere l’obbligo.
Infine, bisogna sapere che nel nostro paese, i pazienti psichiatrici internati sono di pertinenza del “giudice della libertà e della detenzione”, che è anche il giudice dei detenuti di diritto comune, mentre la maggior parte di noi non ha commesso alcun reato. Dopo circa 10 giorni, si ha il permesso di comparire dinanzi al giudice. Come difendersi quando, storditi dagli psicofarmaci, è difficile persino pensare in modo chiaro, ad allineare le frasi e a trovare le parole? In realtà, lo scopo di questa udienza è prima di tutto quello di dimostrare che non si è collaboranti per quanto riguarda le cure, cosa che giustifica la continuazione dell’internamento nella struttura.
Potrei anche parlare degli effetti che hanno avuto su di me i neurolettici. Quando mi sono stati somministrati per la prima volta, sono tornata alla realtà dopo 3 giorni attacco di delirio acuto. Dal momento che ogni volta che cesso di prenderli o che li scalo troppo bruscamente, o che mi prescrivono un altro trattamento, ho una ricaduta.
Mi dicevano che ero brillante e ora non sono che l’ombra di me stessa: ho perso i miei affetti, ogni senso critico, qualsiasi capacità di analizzare, tutta la mia intelligenza emotiva e le mie facoltà cognitive. Poiché sono le emozioni che conservano la memoria, sono vuota di ricordi da 17 anni. Ho grandi buchi neri sugli eventi che ho vissuto, cosa che è terribilmente spaventoso. Ho perso ogni curiosità intellettuale, ogni interesse per qualsiasi cosa, compreso l’ambito per il quale ho frequentato l’università. Subisco la vita senza viverla veramente. Sono una morta vivente. In certi momenti sono anche stata zombificata. E’ così che mi è stato imposto un obbligo di cure, dopo la mia dimissione dall’ospedale (legge che è stata generalizzata in Francia da Nicolas Sarkozy nel 2011): ogni 14 giorni mi è stato somministrato un’iniezione di 50 mg di Risperdal Consta e gli infermieri passavano ogni sera a casa mia, per costringermi a prendere una dose di 4 mg di Risperdal (Risperidone). Ero incapace di concentrarmi e soffrivo terribili ansie, perciò sono stata costretta a lavorare tempo parziale.
Potete pubblicare la mia testimonianza e spero che servirà per mettere fine ad alcuni dei metodi usati dalla psichiatria moderna. So che un giorno la gente sarà sorpresa dell’impiego di metodi così barbari e forse in un prossimo futuro gli individui, con l'avanzare delle conoscenze, trascineranno i medici e le industrie farmaceutiche responsabili della loro condizione, davanti alla giustizia.
E’ paradossale: gli “psichiatri”, come suggerisce il loro nome, dovrebbero curare la psiche (l’anima). Ma proprio come disabili psichici, non siamo trattati come esseri umani da una parte del personale e questo nell’indifferenza quasi totale della società, che tollera tali trattamenti degradanti che sono in contrasto con la Convenzione delle Nazioni Unite, che è contro la tortura e i trattamenti degradanti. Ci sono le piante, gli animali, i malati di mente e la specie umana. Cosa si immaginano? Che, perché perdiamo la ragione, perdiamo la nostra coscienza, che non abbiamo un’anima e che i nostri sentimenti sono quelli di un animale? In realtà penso che non lo fanno perché costituiamo un pericolo per loro e per i pazienti, ma perché credono che trattandoci così, questo ci dissuaderà dal sospendere i farmaci. Si disilludano! Ancora e ancora cesseremo di prenderli, per dimostrare loro il contrario e per dimostrare a noi stessi che siamo esseri umani.
Io stessa l’ho sperimentato: nel 2013, sono stato ricoverato di nuovo all’ospedale psichiatrico, dopo aver interrotto il mio farmaco. Non ho subito abusi e questa volta non e mi sono imbattuta in uno psichiatra umano, che mi ha spiegato che dovevo essere stabilizzata per 4 anni prima di poter provare (con l'aiuto di un medico) smettere i neurolettici. Non ho mai più smesso i miei farmaci. Ho avuto una ricaduta nel 2015 (in quel periodo prendevo, da sola, delle compresse) forse perché le mie dosi erano troppo basse. In ospedale, sotto la pressione della mia famiglia, lo psichiatra mi ha somministrato un’iniezione di Abilify e dato che questo trattamento è destinato alle persone schizofreniche, ho avuto per la seconda volta una ricaduta.
Oggi vorrei tornare alle compresse e essere vista come un essere umano responsabile. Le iniezioni depot sono degradanti. Non permettono di sfumare e di regolare i farmaci. Senza contare che i loro effetti a lungo termine non sono noti. Che cosa accadrebbe in caso di sindrome neurolettica maligna? E’ una domanda che mi pongo. Purtroppo gli psichiatri abusano di queste iniezioni, generalizzano e banalizzano senza valutare gli effetti che provocano. Quanto a me, il trattamento non lo interrompo più, perché a causa di quello che ho letto, ho capito come i neurolettici o gli antipsicotici siano una droga e deve essere scalata molto gradualmente durante un lungo lasso di tempo, utilizzando dei cuscinetti di stabilizzazione. Interrompere bruscamente è il modo migliore per passare alla follia. Mi ci sono voluti 17 anni perché capissi tutto questo, che, se me l’avessero detto fin dall'inizio (o quasi), considerandomi un’adulta a tutti gli effetti, un paziente come qualsiasi altro, dotato di coscienza e ragione, io di certo non sarei al mio 10° o 11° ricovero. 

Traduzione a cura di Erveda Sansi

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