martedì 12 aprile 2016

ENUSP – Gli interventi psichiatrici coercitivi costituiscono una violazione dei diritti e rendono inefficaci le cure

Intervento di Enusp alla Campagna contro il divieto assoluto del Trattamento Sanitario Obbligatorio

29 marzo 2016

 l'originale si trova qui:

I Diritti Umani e il contesto

Fin dal 2006, la Convenzione delle Nazioni Unite sui diritti delle persone con disabilità (UN CRPD), chiede un cambiamento di paradigma, per rompere con le leggi e gli atteggiamenti paternalistici nei confronti delle persone con disabilità e per cambiare rotta verso un sostegno rispettoso del processo decisionale, basato sulla volontà e le preferenze della persona in questione. L’invito implicito della Convenzione ONU, per porre fine a trattamenti psichiatrici obbligatori, è stata esplicitato da diverse pubblicazioni del Comitato CRPD e in particolare dalle Linee Guida dell’articolo 14. Le linee guida chiariscono che la detenzione di persone con disabilità psico-sociali, ai sensi della legislazione nazionale, sulla base della loro menomazione reale o percepita, e sulla presunta pericolosità per se stessi e/o ad altri “è discriminatorio e parificato alla privazione arbitraria della libertà”.[1]

 
Tuttavia, due organismi delle Nazioni Unite sono attualmente in conflitto con le norme stabilite dalla CRPD dell’ONU: il Comitato per i Diritti Umani [2] e il Sottocomitato per la Prevenzione della Tortura (SPT) nel loro documento “Diritti delle persone istituzionalizzate e trattate medicalmente senza il consenso informato”. Rights of persons institutionalized and medically treated without informed consent. Ma il Comitato dei Diritti dell’Uomo ammette che le misure coercitive sono dannose: “Il Comitato mette in evidenza il danno inerente a qualsiasi privazione di libertà e anche i danni particolari che possono derivare da una situazione di ricovero involontario”.[3] Inoltre il Comitato per i Diritti Umani raccomanda agli Stati membri “di rivedere le leggi e le pratiche obsolete” e dice che “gli Stati membri dovrebbero mettere a disposizione adeguati servizi socio-assistenziali di comunità o alternative per persone con disabilità psico-sociali, al fine di offrire alternative meno restrittive della segregazione”. Tuttavia, nonostante ciò, il Comitato per i Diritti Umani riconosce la possibilità di misure coercitive, a condizione che siano applicate “come misura di estrema ratio e per il più breve lasso di tempo appropriato, e devono essere accompagnate da adeguate garanzie procedurali e sostanziali, stabilite dalla legge”.[4]

Anche l’SPT [Sottocomitato per la Prevenzione della Tortura] permette il ricovero e il trattamento sanitario obbligatorio, e vanno anche oltre dicendo che l’abolizione violerebbe il “diritto alla salute” e il “diritto a essere liberi dalla tortura e da altri maltrattamenti”. L’SPT afferma ad esempio: “... la sistemazione in una struttura psichiatrica può essere necessaria per proteggere il detenuto dalla discriminazione, dall’abuso e dai rischi per la salute derivanti da una malattia”[5], “La misura [trattamento senza consenso] deve essere l'ultima risorsa per evitare danni irreparabili alla vita, all’integrità o alla salute della persona interessata ...”[6]. Inoltre, l’SPT riconosce le contenzioni come una misura legittima: “Le contenzioni fisiche o farmacologiche ... devono essere considerate misure di estrema ratio per motivi di sicurezza”[7], e consente inoltre “l’isolamento di natura medica”[8]. 

E’ interessante notare che prima della pubblicazione dei due documenti menzionati sopra, la relazione tematica “La tortura in ambito sanitario”, del Relatore Speciale delle Nazioni Unite sulla tortura e altri trattamenti o punizioni crudeli, inumani o degradanti (A/HRC/22/53), ha sollecitato il divieto assoluto dei trattamenti psichiatrici coercitivi, al fine di garantire che le persone con disabilità psicosociali, intellettive e altre, siano libere dalla tortura e dai maltrattamenti. Tuttavia, a quanto pare, la sua voce non è stata sentita, così come altre voci che documentano numerose violazioni dei diritti umani nelle istituzioni psichiatriche. Una di queste voci è la relazione del FRA [Agenzia dell'Unione europea per i diritti fondamentali] pubblicata nel 2012, che rivela il trauma e la paura che le persone sperimentano, e afferma che “le condizioni estremamente scadenti, l’assenza di assistenza sanitaria e l’abuso persistente, hanno provocato la morte di ricoverati nei servizi sanitari istituzionali”[9].  

Pertanto si può vedere che gli argomenti a favore dell’amministrazione delle misure coercitive sono basati su motivazioni false perché, come è stato dimostrato da numerose fonti, comprese le relazioni del CPT e le fonti di cui sopra, le istituzioni psichiatriche non possono essere considerate in nessun caso un rifugio sicuro dalla discriminazione, dall’abuso, dalla tortura e dal maltrattamento. Per quanto concerne le considerazioni e le terapie mediche, facciamo rilevare quanto segue:

I trattamenti sanitari obbligatori non sono cure

La cura dovrebbe produrre un incremento del benessere e la guarigione. Benessere - o salute mentale - è un valore intrinseco molto personale, che non può essere ottenuto mediante coercizione. Prendersi cura l’uno dell’altro è una delle migliori cose che le persone possono offrire gli uni agli altri. Al contrario, interventi psichiatrici coercitivi sono molto traumatici, e provocano sofferenza e un aumento dei problemi psicosociali. Inoltre fa peggiorare la situazione, ed è tra le cose peggiori che le persone possono fare agli altri. C’è un’enorme differenza tra trattamenti obbligatori e cure. Sono due cose completamente opposte tra loro.

I trattamenti sanitari obbligatori rendono le cure inutili


I trattamenti sanitari obbligatori sono controproducenti per la salute mentale e la cura, e rappresentano una “violazione del contatto”. Questo può essere visto da un lato, per esempio, quando gli infermieri smettono di cercare a comunicare o a fornire supporto, e ricorrono a interventi coercitivi. Dall’altra può essere visto nelle incomprensioni e nei traumi che la persona sottoposta a trattamento sanitario obbligatorio subisce, che disattivano il contatto significativo. E’ ovvio che un buon contatto e una buona comunicazione, sono necessari per una buona salute mentale. La fine della comunicazione, così com’è indotta dagli interventi psichiatrici obbligatori, è una pratica molto dannosa, che rende impossibile un contatto significativo e pertanto la cura mentale in sé.

I trattamenti sanitari obbligatori non producono sicurezza.

A causa della sofferenza, l’incremento di problemi psicosociali, e la mancanza di qualsiasi sostegno per il recupero causato da interventi psichiatrici coercitivi, i rischi di un escalation aumentano, e possono tradursi in un cerchio infinito di conflitto e di escalation, come le nostre esperienze dimostrano. L’argomento comune adottato “proteggere da danni o lesioni a sé o agli altri”, non si basa su elementi probatori fattuali, a sostegno di questa affermazione. Gli interventi psichiatrici obbligatori non producono una maggiore sicurezza, ma provocano un aumento di crisi, e di conseguenza a un rischio maggiore di escalation.

Gli interventi psichiatrici obbligatori indicano che c’è un deficit di cura nel campo della salute mentale.

Gli interventi psichiatrici obbligatori sono più un meccanismo per il (tentato) controllo sociale integrato all'interno di un sistema sottosviluppato e strutturalmente trascurata (e abusato dal punto di vista politico) di cura della salute mentale, che è costruito sui resti orribili del passato, piuttosto che sulle competenze per sostenere la salute mentale e il benessere. Arretratezza e finanziamenti insufficienti del sistema di cura della salute mentale, sono la causa della bassissima priorità politica data alla cura della salute mentale, che spiega, di conseguenza, il livello estremamente basso di finanziamenti. E’ impossibile fornire assistenza di qualità senza un adeguato finanziamento e un’attenzione per gli standard di qualità. Tuttavia, a causa di uno stigma storico, la cura della salute mentale rimane impopolare per la società, vale a dire per gli elettori, e quindi per i politici. In caso di estrema carenza di finanziamenti, la migliore soluzione possibile per il sistema è quello di mantenere la calma, fornendo un sacco di farmaci dannosi e in molti casi indesiderati alle persone isolate e chiamando questo cure mediche. Tuttavia, la vera e propria cura della salute mentale è possibile quando vengono compiuti sforzi e forniti fondi sufficienti.

Un mondo di opzioni tra “ultima risorsa” e “nessuna cura”

Molte persone e molti Stati membri non riescono a vedere al di là di un approccio molto limitato “bianco e nero”, per quanto riguarda le situazioni di crisi psico-sociali, con solo due opzioni: o trattamenti obbligatori (tortura), o non fare nulla (abbandono). Questo semplicemente non rappresenta il quadro nella sua completezza. Tra questi due estremi, c'è un mondo in gran parte sconosciuto di opzioni per un vero supporto e una reale cura della salute mentale, nelle situazioni di crisi psico-sociali, con aspetti quali: scalaggio [degli psicofarmaci] non aggressivo, la prevenzione della crisi il più presto possibile, concentrandosi sul contatto e l’apertura, invece della repressione; costruire la fiducia e il sostegno reale in crisi e situazioni acute. Gli (ex) utenti e i sopravvissuti che l’hanno sperimentato, sono nella posizione migliore per essere coinvolti in questo cambiamento di paradigma.

C’è un urgente bisogno di uno sviluppo reale della cura nella salute mentale.

Purtroppo, per decenni, il vero sviluppo di buone pratiche terapeutiche è stato minato dalla presenza di trattamenti obbligatori, che ha permesso agli operatori sanitari di voltare le spalle alle situazioni di crisi, e lasciare la persona senza cura vera e propria, repressa e spogliata dalla sua dignità. Questo dovrebbe avere una fine. Gli interventi psichiatrici obbligatori costituiscono una gravissima violazione dei diritti umani. Non potranno mai essere considerati delle terapie e non potranno mai essere considerati una misura di sicurezza e contro la discriminazione, perché conducono al suo esatto opposto.
Crediamo nel potenziale creativo di umanità e nella possibilità di risolvere problemi complicati, quando vengono fatti gli sforzi appropriati. Ma al fine di allocare le risorse appropriate e generare abbastanza sforzi creativi, è necessaria una giusta motivazione. Gli standard della UNCRPD ci dà e dovrebbe dare ai politici la motivazione per rendersi conto ed affermare pubblicamente, che lo status quo in psichiatria è del tutto inaccettabile e deve essere cambiato, per diventare un sistema umano di cura reale.
Le discrepanze tra le raccomandazioni di cui sopra, anche tra i diversi soggetti della stessa organizzazione (Nazioni Unite) devono essere eliminati e le disposizioni della CRPD devono prevalere.

Questa è una sfida, ma se pensiamo e agiamo insieme, è possibile renderla una realtà.

Dobbiamo tenere a mente solo una cosa come base per questo obiettivo:

Il trattamento sanitario obbligatorio costituisce tortura e deve essere proibito!

1) Linee Guida dell’articolo 14 del Comitato CRPD Libertà e sicurezza della persona, III, para.6 (settembre 2015)
2) Commento Generale No.35, para.19 (30 ottobre2014)
3) Ibid.
4) Ibid.
5) SPT, Diritti della persona istituzionalizzata etrattamenti sanitari senza il consenso informato, para.8
6) Id. para.15
7) Id. para. 9
8) Id. para.10
9) European Fundamental Rights Agency: Involuntary placement and involuntary treatment of persons with mental health problems, 2012. Available at: http://fra.europa.eu/sites/default/files/involuntary-placement-and-involuntary-treatment-of-persons-with-mental-health-problems_en.pdf

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