giovedì 21 marzo 2013

Mad Pride - Uno sguardo diverso all'altro

Il Mad Pride di Milano 2012 è stato dedicato a John McCarthy, fondatore del Mad Pride Ireland, sopravvissuto della psichiatria, poeta e attivista dei diritti umani e a Thomas Szasz, scienziato e umanista; due persone di grande umanità che purtroppo ci hanno lasciati.

Il 17 novembre scorso ha avuto luogo a Milano la seconda edizione dell’European Mad Pride, dopo che la città nel 2011 aveva lanciato in Italia il primo Mad Pride: la festa dell’orgoglio Mad. Entrambi gli eventi sono stati realizzati dall’Associazione di Promozione Sociale Il Cappellaio Matto, che ha sede a Traona - Sondrio, aderendo all European Mad Pride ideato dall’associazione Uilenspiegel di Bruxelles, insieme a Hierbabuena di Oviedo. L’evento è stato patrocinato dal Comune di Milano e dall’Associazione Uilenspiegel di Bruxelles.
I protagonisti della giornata dell’orgoglio Mad, che la prima volta ha avuto luogo a Toronto nel 1993 e viene celebrata in tutto il mondo, sono gli utenti, gli ex-utenti e i sopravvissuti alla psichiatria. Lo scopo principale è quello di sensibilizzare la cittadinanza sui pregiudizi di cui è portatore chi è o è stato utente dei servizi della salute mentale. Il problema non è tanto lo stigma, di cui si parla spesso senza cambiare la realtà esistente, quanto il fatto che gli utenti psichiatrici sono ritenuti cittadini di seconda classe e possono essere rinchiusi, legati, obbligati a prendere farmaci, essere sottoposti a Trattamento Sanitario Obbligatorio (TSO) o Accertamento Sanitario Obbligatorio (ASO) in modo del tutto arbitrario, senza che vengano rispettate la costituzione e le norme della Convenzione ONU dei Diritti Umani.

Le leggi italiane che permettono il Trattamento Sanitario Obbligatorio (TSO), legittimano la detenzione di una persona contro la propria volontà, senza che abbia commesso un reato e senza che abbia il diritto alla difesa, sulla base della presunta pericolosità di una persona diagnosticata con una patologia mentale. Queste leggi lasciano un ampio margine di arbitrarietà e sono in netto contrasto con le normative sui diritti umani, tese a preservare tutti, anche le persone disabili e/o temporaneamente in difficoltà, dai trattamenti degradanti e disumani. Per chi commette un reato, è previsto che l’autorità giudiziaria, nel rispetto di precise disposizioni processuali, commini sanzioni o misure restrittive. Sarà il giudice a stabilire se il reato è doloso, colposo o preterintenzionale.

Nel maggio del 2012 la Commissione Affari Sociali del Parlamento Italiano ha adottato il testo base della modifica alla legge 180, conosciuta come legge Ciccioli, (non ancora approvata dalle due Camere) peggiorativa rispetto a quella esistente: il Trattamento Sanitario Obbligatorio diventerebbe Trattamento Sanitario Necessario. Attua quindi meccanismi con i quali si prolunga indefinitamente la privazione di libertà e istituisce strutture private, dove la segregazione imposta al cittadino si prolunga di sei mesi in sei mesi all’infinito. Ci si chiede se una legge del genere abbia a cuore il benessere dei singoli cittadini o quello di chi fa investimenti in questo campo.

La situazione in Italia, a parte alcune eccezioni, è notevolmente peggiorata rispetto al periodo della messa in discussione dell’ideologia manicomiale, a partire dalla fine degli anni sessanta.
Tristemente famosi, grazie a parenti e comitati che chiedono giustizia, sono diventate le morti di: Franco Mastrogiovanni (http://www.giustiziaperfranco.it), Giuseppe Casu, Edhmun Edmond Idehen, Roberto Melino, Renata Laghi e i numerosi casi dei reparti psichiatrici dell’Ospedale Niguarda, (http://www.news-forumsalutementale.it/milano-abusi-al-grossoni-conferenza-stampa-di-telefono-viola/) soprattutto in conseguenza alle pratiche di contenzione e agli psicofarmaci.

In Italia, su un totale di 321 Spdc (Servizio Psichiatrico Diagnosi e Cura), ne esistono solo circa 15 che fanno parte dell’Associazione “CLUB S.P.D.C. APERTI NO RESTRAINT”, che non chiudono le porte a chiave e non usano mezzi di contenzione, che non legano mai il paziente al letto, senza se e senza ma. Nel loro atto di fondazione si legge: “In considerazione dei dati emersi dalle statistiche nazionali secondo cui nel 70% degli S.P.D.C. e cliniche psichiatriche italiane si ricorre all’uso della contenzione meccanica e all’aumentato ricorso alla pratica del T.S.O., al fine di poter incidere e modificare questo dato molto preoccupante, non rispettoso dei diritti e della dignità degli ammalati, i suddetti Dipartimenti di Salute Mentale decidono di fondare l’associazione denominata “Club S.P.D.C. aperti no restraint”.
Per ora nessuno degli SPDC della Provincia di Sondrio fa ancora parte di questo club, ma ci auguriamo che presto possa succedere.

La situazione deprecabile dei sei Ospedali Psichiatrici Giudiziari (OPG) ha acquistato visibilità recentemente, dopo le ispezioni della Commissione Parlamentare; i video dei sopralluoghi, le riprese Rai e la rassegna stampa si possono trovare in internet. Una relazione parlamentare era già stata fatta a giugno 2010, ma la situazione non è affatto cambiata e anche il 2012 ha contato numerosi suicidi. Per risolvere la situazione basterebbe prendere l’impegno, come ha fatto la regione Friuli-Venezia-Giulia, di non fare segregare alcuna persona negli OPG.

Il Cappellaio Matto ha allestito uno spazio informativo nella centralissima Milano, in piazza Cairoli di fronte al Castello Sforzesco e offerto il microfono a chi voleva esprimersi rispetto al tema della follia, del pregiudizio psichiatrico, e del fatto che chi si trova ad avere a che fare con la psichiatria come utente, prima o poi si vedrà togliere i diritti. Sono intervenuti tra gli altri Giorgio Pompa e Nicoletta Calchi Novati sugli abusi dell’Ospedale Niguarda, Chiara Cremonesi e Elena Hileg Iannuzzi di Sel Lombardia e tanti altri. L’evento è stato ripreso da Luca Baroni (http://lucabaroni.altervista.org/) che ha elaborato dei filmati. La Compagnia dell’Errore ha poi trasformato l’evento in un happening gioioso con giocoleria e uno spettacolo di fuoco molto suggestivo.

Con il Mad Pride si chiede che i portatori di diagnosi psichiatriche abbiano gli stessi diritti di tutti gli altri davanti alla legge e si celebra “l’essere diversi”, per superare la solitudine e l’isolamento. La comunità dei matti è quella statisticamente più pacifica, perché allora è quella di cui si ha più paura? Mostrandosi al pubblico, e raccontando la propria storia e quella di altri al microfono, si vuole contribuire allo sradicamento dei tabù che fanno sì che gli appartenenti alla comunità dei matti siano percepiti come mostri, come diversi da evitare e isolare.

Le crisi spirituali ed emotive dovrebbero essere considerate normali reazioni ai problemi esistenziali, economici e sociali. Le teorie mai dimostrate degli squilibri chimici del cervello dovrebbero essere abbandonate una volta per sempre; servono solo a legittimare l’uso massiccio di psicofarmaci, elettroshock e psicochirurgia, per interessi tutt’altro che umanitari.
Il Dr. Giorgio Antonucci, nella sua pratica decennale in ambito psichiatrico, come medico sul territorio, come medico di guardia e come direttore in diversi reparti psichiatrici e di manicomio, non ha mai dato corso a un solo trattamento sanitario obbligatorio. Anche in situazioni molto complicate e difficili si è invece sempre avvalso della relazione umana, del dialogo, discutendo con la persona in difficoltà, fino a quando, insieme, riuscivano a risolvere il problema.

Chi si è rivolto ai servizi psichiatrici ha spesso in comune parole come sopravvissuto, tortura, abuso, danno permanente, dolore, ferita, offesa. Non dovrebbe essere così, eppure in Italia, e particolarmente in Lombardia e in alcune sedi universitarie, è in aumento l’utilizzo dell’elettroshock, anche se da parte scientifica ne è stata ampiamente dimostrata la dannosità a lungo termine; solo l’ingente guadagno a costo zero e la sperimentazione su corpi inermi ne rappresentano il “lato positivo”. La lobotomia riappare sotto la denominazione più accattivante di psicochirurgia. Persino i bambini troppo vivaci o annoiati devono venir rimpinzati di psicofarmaci, secondo i dettami di una circolare parlamentare obbediente ai profitti delle grandi case farmaceutiche.

Tutti i cittadini, non solo quelli direttamente coinvolti nei servizi psichiatrici, dovrebbero prendere coscienza dello spreco di ingenti somme di denaro, di vite umane e di risorse. Giorgio Antonucci con il suo lavoro decennale ha ampiamente dimostrato che non la violenza e l’esclusione, ma il dialogo e la comprensione possono risolvere gli stress emozionali. Non servono investimenti costosi o aumento di personale, ma una mentalità priva di pregiudizi, capace di una visione empatica dell’altro. Dobbiamo scardinare la falsa equazione matto = violento; persona diversa = potenziale omicida o suicida, che i mass media ci propinano in continuazione.
In appendice un piccolo estratto del libro Lezioni della mia vita di Giorgio Antonucci, pag. 220:

DOMANDA : I manicomi sono stati chiusi; un ragazzo che abbia dei problemi, che abbia bisogno di aiuto, viene lasciato solo oppure c’è qualche alternativa al ricovero?

GIORGIO ANTONUCCI: Le alternative, storicamente, sono due: una è un servizio come si faceva in montagna e anche in certi quartieri della città, a Reggio Emilia: si andava sul posto e si cercava di risolvere i problemi anche con provvedimenti pragmatici, senza dover prendere la persona, classificarla e strapparla dal suo ambiente. Questa alternativa è esistita per tre anni e ha avuto un suo significato. I ricoveri erano diminuiti; io non ne ho mai fatto nessuno. Devo dire che, in tutti i miei trent’anni di attività, io non ho mai ordinato un ricovero obbligatorio per nessuno né ho mai accettato i ricoveri obbligatori quando arrivavano! Questo è un altro problema. Quando ero di guardia e arrivavano i ricoveri obbligatori, li annullavo tutti, tanto che, nel territorio, l’avevano capito e li mandavano soltanto quando non ero io di guardia.
L’altra alternativa è non il Centro di diagnosi e cura come […] ma una struttura come quella di Cividale, cioè un reparto Centro di relazioni umane. Chi ha un problema, se non ce la fa in famiglia, sta lì, non a prendere le medicine, ma a parlare, discutere e vedere di risolvere il problema. Sono due alternative. Si potrebbero creare dei reparti negli ospedali civili, ma non come questi, dove le persone vengono condotte con la forza; se io prendo uno con la forza, poi dovrò trattenerlo con la forza. Le due alternative storiche sono, secondo me, Cividale e ReggioEmilia. In attesa che la cultura cambi, ci sono queste possibilità.

Erveda Sansi

Download dell'articolo in pdf: https://docs.google.com/file/d/0B4YT-K2skoBtV2NoRjBIeHQwUFE/edit?usp=sharing

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