venerdì 4 gennaio 2019

Pensieri sul suicidio di Rufus May


Mental Health Activist Rufus May and his partner in their home
tratto da: 
http://www.ladybeardmagazine.co.uk/suicidal-ideas

Alcuni anni fa avevo organizzato un incontro pubblico sul suicidio. Per pubblicizzarlo, ho appeso dei poster nella mia città, su cui c'era la domanda: "Come viviamo con le idee suicide"? Il gestore di una lavanderia locale aveva iniziato a togliere i manifesti. Diceva che mi stava impedendo di fare pubblicità nei suoi locali, perché quella domanda lo turbava.

Spesso non creiamo spazi dove poter parlare liberamente della tentazione di porre fine a tutto. Ad un certo punto nella nostra vita, molti di noi facciamo questa riflessione. Penso che dobbiamo riconoscere che si tratta di una risposta comprensibile, quando ci sentiamo sopraffatti e non c'è nessuno a cui rivolgerci. Sfortunatamente, i milioni di sterline spesi per cercare di prevenire il suicidio, spesso non considerano questo punto.

Nel mio vecchio posto di lavoro, i dirigenti ordinarono di tagliare l'alta conifera solitaria nel giardino del reparto psichiatrico, dopo che un uomo aveva provato, senza riuscirci, ad impiccarvisi. Nel sistema psichiatrico, si enfatizza di più la cessazione dell'atto, piuttosto che la creazione di un'atmosfera accettante, dove questi sentimenti tortuosi possono essere compresi e dove è possibile conviverci. Il pericolo sta nel fatto che cerchiamo di mantenere vive le persone e non le aiutiamo a trovare un significato, ma le sottoponiamo a tattiche di controllo e sorveglianza.

Da dove viene questo stato di panico rispetto al suicidio? Perché siamo così spaventati di avere sentimenti suicidari e di esprimerli? Sulla collina che si trova al di sopra del West Yorkshire, dove vivo, c'è un cerchio di pietre che mi offre alcuni indizi. È conosciuta come "The Miller's Grave", ["Il sepolcro del mugnaio"]. Alla fine del 1700, un mugnaio del villaggio di Heptonstall si tolse la vita. Secondo la legge, il suo corpo venne estromesso dalla comunità; fu sepolto fuori dalla parrocchia, all'incrocio di più località. Ma se provi a sopprimere qualcosa, le dai più potere. Ci sono arrivate notizie di persone che viaggiavano tra le parrocchie e vedevano il fantasma del mugnaio, quando si avvicinavano all'incrocio. La paura creata da questi avvistamenti, ha aperto un dibattito su dove sarebbe stato meglio seppellire il mugnaio. Un gruppo di persone avrebbe voluto disseppellirlo e rimpatriarlo nel cimitero del suo villaggio; ma un altro gruppo era terrorizzato dalle conseguenze. Scoppiò una rissa e gli uomini che cercavano di proteggerne il corpo furono attaccati. Tale panico e confusione sono indicativi della cultura del tabù e dell'approccio punitivo che abbiamo avuto nei confronti del suicidio. La parola "commettere" è una conseguenza di quando era ancora considerato un crimine.

Fino al 1961 il suicidio è stato considerato un reato punibile. Fino al 1822, la corona aveva il diritto di possedere i beni del defunto, riducendo molte famiglie alla povertà. Il suicidio fu reso illegale a metà del 13° secolo, ma dalla chiesa era considerato peccato mortale già molto prima di allora. Per la nostra cultura, la natura proibita dell'atto ci distrae da altri possibili significati.

Il suicidio degli schiavi afroamericani, veniva spesso visto dagli abolizionisti come una forma di protesta sociale. Io stesso tendo a considerare in questo modo la decisione di porre fine volontariamente alla propria vita.

Ho avuto amici che si sono suicidati e, sebbene sia stato profondamente doloroso, ho anche cercato di trovare il modo per capire le loro decisioni. Quando avevo 18 anni, Selina, un'amica che ho conosciuto mentre ero all'ospedale psichiatrico, è morta saltando da una torre di Hackney. Aveva uno spirito infuocato e a volte era chiaramente in difficoltà, ma l'unica risposta dei medici è stata quella di sedarla. L'ultima volta che l'ho vista tremava e sbavava, a causa della quantità di tranquillanti che aveva in corpo. Al suo funerale erano presenti centinaia di persone. Ricordo di aver provato indignazione e sconcerto - dove erano tutte quelle persone quando era all'ospedale psichiatrico? Ora sembrava essere troppo tardi.

Non so perché Selina non sopportava più di vivere, ma la mia sensazione è che come comunità non siamo stati in grado di dedicarci al suo dolore e ad aiutarla a ritrovare la fiducia nel mondo. È stata la sua morte che mi ha ispirato a formarmi come psicologo e a promuovere approcci più olistici alla confusione e alla sofferenza. Piuttosto che sopprimere le loro esperienze, volevo imparare come aiutare le persone a risolvere i loro conflitti in altri modi.

"Per comprendere il comportamento suicidario, in assenza di malattia grave (o debilitante), dobbiamo guardare alla situazione sociale in cui si trovano queste persone, e che trovano insopportabile".

Pete Shaughnessy è stato un altro mio amico, che si è tolto la vita. Era stato uno dei promotori del movimento Mad Pride (rinomato nei primi anni 2000), che mirava a rivendicare e a celebrare l'essere "pazzi", e sosteneva i diritti delle persone trattate all'interno del sistema psichiatrico. Pete era arrabbiato per la mancanza di rispetto da parte dei media, del sistema occupazionale e psichiatrico, che lui e altri hanno dovuto affrontare. Parlava della necessità di "comprensione piuttosto che costrizione", protestando contro l'uso della forza per gestire comportamenti impegnativi nei reparti. Pete aveva molto da offrire quando si trattava di migliorare il sistema psichiatrico, ma nella nostra società a conduzione professionale, ci sono poche opportunità significative per persone con le conoscenze ed esperienze che aveva lui. Altamente critico nei confronti della politica di "inclusione sociale" - parlare di coinvolgere gruppi emarginati, per lui non era altro che una  postura politica - una volta disse: "Se la società continuerà a discriminarci, allora non voglio la loro "inclusione sociale". La società può andare affanculo". Considero il suo suicidio come una grande vaffanculo alla società e mi sono chiesto come potevo rispondergli nel modo migliore. 

In un certo senso, il sistema di salute mentale ha assunto la responsabilità di sorvegliare i comportamenti suicidari, cosa che in precedenza era compito del sistema di diritto penale. Ora, se si ritiene che siate suicidari, vi possono recludere in un ospedale psichiatrico e non sarete dimessi fino a quando non saranno convinti che questo vostro desiderio sia stato dissipato. Lavorando nel sistema di salute mentale come professionista, ho visto come le persone  suicidarie sono spesso descritte con parole come "manipolativo" e passivamente  aggressivo. Perché è compito del sistema psichiatrico tenere in vita le persone e se qualcuno è persistentemente suicidario, la paura di essere ritenuti responsabili può spingere molti operatori psichiatrici a incolpare e giudicare la persona suicidaria. Sembra che l'idea del suicidio come peccaminoso persista ancora nel nostro mondo laico.

Il movimento per l'eutanasia sfida l'idea che il suicidio sia sempre un male o una pazzia, sostenendo che le persone debbano avere la possibilità di prendere una decisione razionale per porre fine alla propria vita. Conoscevo un uomo che aveva intenzione di uccidersi prima che l'inizio della demenza glielo avrebbe impedito. La sua famiglia ha rispettato la sua decisione e hanno avuto la possibilità di salutarsi. Tuttavia, a causa dell'illegalità dell'eutanasia, ha dovuto prendere segretamente un'overdose, per non incriminarli. Le persone che non erano vicine a lui, presumevano che fosse stato depresso. Ma non era così: voleva solo lasciare la vita nelle condizioni che aveva voluto lui. 

Per comprendere il comportamento suicidario in assenza di malattie che mettono in pericolo la vita (o debilitanti), dobbiamo guardare alla situazione sociale in cui si trovano le persone, e che trovano insopportabile. Un mio amico ha recentemente pensato di buttarsi giù da un viadotto. Quando gli chiesi perché, disse che era un senso di isolamento che lo aveva spinto fino a quel punto: "Sentivo che nessuno poteva comprendere la mia situazione, e se avessi detto a qualcuno quello che stava accadendo nella mia vita mi avrebbero frainteso". 

Più le persone si sentono giudicate e sottovalutate, più tentano il suicidio. Non c'è da meravigliarsi che in una società che biasima la disoccupazione e che si aspetta ancora che sia l'uomo a dover provvedere, il tasso di suicidio maschile sia in crescita. Io facilito i gruppi di auto-aiuto e incontro molte persone che sentono le voci, che dicono loro di uccidersi. Piuttosto che interpretare queste voci come il prodotto di una malattia mentale, le intendo come parti della persona che sono così afflitte da aver perso la volontà di vivere. Tale dolore ha bisogno di uno spazio per essere riconosciuto, sentito e ascoltato.

In questi gruppi di auto-aiuto, cerchiamo di creare spazi sicuri in cui tutti siano trattati da pari e in cui le persone possano crescere nella fiducia e nell'auto-accettazione. Sono sicuro che tali gruppi hanno salvato delle vite. Penso che la volontà di vivere di nuovo, la possiamo trovare solo quando sperimentiamo relazioni sociali che ci danno un senso di appartenenza e di connessione.

Come abbattere la paura e la vergogna che circonda ancora pensieri e comportamenti suicidi? Dobbiamo creare spazi pubblici in cui non ci concentriamo solo sulla prevenzione, ma dove adottiamo un approccio più radicale. Dobbiamo elaborare un modo di vivere con le parti di noi stessi che hanno perso la fiducia nella vita.

traduzione a cura di Erveda Sansi

Nessun commento:

Posta un commento